A volte mentre leggo i capolavori dei grandi del secolo scorso, mi chiedo come se la passi la loro progenie. Certi talenti potrebbero anche essere genetici e forse un giorno ci troveremo tra le mani un bel romanzo di avventura firmato dal pronipote di Bulgakov o vedremo in classifica i nomi Kipling e Orwell. Di nuovo. Del resto, se fossi la discendente di Juri Gagarin, m’interesserei di astronomia e se invece tra miei avi ci fosse stato, mettiamo, Temistocle, non avrei accantonato la matematica alle prime difficoltà liceali. La storia familiare può anche non influenzarci, ma tende a farlo quando i nomi che ci hanno preceduto sono altisonanti. Per questo mi è sembrata un’idea carina quella di fare una piccola ricerca sugli eredi degli scrittori più amati del secolo breve (che, lo ricordo per chi non lo sapesse, fu chiamato così guardando alle svolte epocali della storia, ritenendo che l’Ottocento fosse il secolo lungo in quanto è iniziato nel 1789 con la Rivoluzione Francese e finito nel 1914 con lo scoppio della Grande Guerra. Di conseguenza il Novecento andrebbe dal ’14 fino al crollo dell’Unione Sovietica del 1991), cominciando da quello cui mi sto dedicando di più negli ultimi mesi: Ernest Hemingway.
É il 2001 e il figlio minore dell’autore di “Addio alle armi”, Gregory (nella foto con Hemingway e il fratello Patrick), viene trovato morto nella cella di una prigione femminile di Miami, dove era stato rinchiuso sei giorni prima per atti osceni in stato d’ebbrezza. Padre di otto figli, era un medico e amava travestirsi da donna, facendosi chiamare Gloria. Nel 1995 si era fatto operare per cambiare sesso e si era fatto impiantare un seno, uno soltanto. Figlio di secondo matrimonio, di lui Hem disse all’allora moglie Pauline Pfeiffer: “è, insieme a me, l’anima più nera della famiglia”. Quando nel ’51 la Pfeiffer morì di tumore, alcuni anni dopo essere stata lasciata da Ernest per Martha Gelhorn, Hemingway senior l’accusò di aver contribuito alla sua fine andandosene in California. Un’insinuazione da cui, pari, non si riprese mai del tutto. Eppure i due di cose in comune ne avevano. Per uno scherzo del destino anche “Gig” se ne è andato in circostanze tristi, anche se naturali, dopo una vita di instabilità di umore e quattro matrimoni, come il padre (lo superò in numero di divorzi, quattro a tre). Entrambi andavano a caccia e a pesca, avevano il vizio del bere e un carattere turbolento. Problemi di soldi il secondo non ne ha mai avuti, grazie alle royalty paterne, tanto che pure a livello lavorativo non raggiunse mai una vera stabilità. Scrisse però un libro molto apprezzato dal pubblico, una biografia del padre intitolata “Papa: A Personal Memoir” dove non mancò di ricordare i bei momenti vissuti insieme al genitore, definito tuttavia “un alcolizzato” e attaccato anche per “Il vecchio e il mare”: “un secchio nauseante di feccia sentimentale”.
Scrive un libro anche il figlio di Gregory, John, “The strange tribe”, ispirato alla frase del nonno: “Gig, you and I belong to a strange a tribe”. Un tentativo di riabilitare almeno in parte il defunto padre, che sostiene essere stato in tutto e per tutto uguale al celebre nonno, suicidatosi quando lui aveva appena undici mesi. Un’opera che rivela anche molti tratti poco noti della figura di Ernest, che avrebbe avuto almeno un rapporto omosessuale e una sessualità sia femminile sia maschile, probabilmente conseguenza dell’abitudine della madre di vestirlo da bambina (fino ai sei anni) per sfogare la sua frustrazione per non aver avuto una seconda femmina. E il primogenito?

L’unico figlio ancora in vita è Patrick, primogenito di Ernest e Pauline, oggi ottantaquattrenne. Dalle interviste presenti negli archivi di alcuni giornali americani emerge una figura più pacata del fratello e del padre, cordiale e dotato di senso dell’umorismo. Dall’avventuroso “papa” ha ereditato la passione per l’Africa, dove ha vissuto per venticinque anni impegnato nella caccia grossa e come organizzatore di safari. Trasferitosi in Montana nel ’70, si è tra l’altro dedicato all’editing di un manoscritto inedito del padre custodito dalla biblioteca di Boston, uscito nel 1999 con il titolo di “True at First Light” (pubblicato in Italia da Mondadori come “Vero all’alba”). Il risultato è un romanzo autobiografico steso dal famoso scrittore al ritorno da cinque mesi di safari in Kenia, ricco di riflessioni sull’Africa e sullo scrivere. In qualche modo, quindi, anche Patrick si dedica alla scrittura e al padre, anzi lavora addirittura a un testo del padre.
Un impegno simile se l’è sobbarcato anche uno dei dodici nipoti di Ernest, Seán, che nel 2009 pubblica una riedizione di “Festa mobile”, la cui prima edizione era stata redatta da Mary Hemingway, l’ultima consorte dell’autore. Il lavoro rende più giustizia a Pauline, che dalla versione del ’64 esce come una dei “ricchi” il cui arrivo nella vita di Ernest e Hadley segna la fine dei tempi in cui erano “molto poveri e molto felici”. Soprattutto viene spontaneo, è stato così anche con me, considerarla come la rovinatrice di una famiglia, la devastatrice della vita di Hadley che per altro era una delle sue migliori amiche. Il nipote utilizza maggior materiale di base, rimpolpa il testo con molti estratti originali e fa comprendere come a rovinare il primo matrimonio del nonno, non fu solo Pauline, ma anche Ernest stesso.
Le nipoti di Hemingway mi obbligano a scrivere ancora qualche riga: Mariel (terza figlia di John “Bumby”, vedi sopra) ha vinto un Oscar come migliore attrice non protagonista per la sua parte in Manhattan (1979) di Woody Allen e pubblicato alcuni libri (“Finding My Balance: A Memoir” del 2003, “Mariel Hemingway's Healthy Living From the Inside Out: Every Woman's Guide to Real Beauty, Renewed Energy, and a Radiant Life” del 2007, entrambi piuttosto lontani dal genere del nonno…), mentre Lorian (figlia di Gregory) ha ricevuto una nomination del Premio Pulitzer per il libro “Walk on water”, del ’98, in cui è cruciale il suo rapporto speciale con…la pesca.

Claudia Leporatti
Se il mio articolo vi ha coinvolto e volete leggere di più sull’influenza di Hemingway sui posteri, vi segnalo un ricco blog: http://www.thehemingwayproject.com
Che belle scribacchine! Stasera mi prendo un momento tutto per spizzare il vostro blog :-)
RispondiEliminaGrazie Alessandra, poi facci sapere cosa ne pensi! :)
RispondiEliminabuon articolo scribacchina...
RispondiEliminaMolto interessante. Dopo anni di oblio ho ripreso in mano Morte nel pomeriggio e altre opere di H. mia passione giovanile. Mi son chiesto da subito cosa ne era stato della sua discendenza... eccomi accontentato Grazie!
RispondiEliminaMa non so se è vero , ho letto che Mariel Hemingway ,in una intervista, ha accusato il padre Jack di avere abusato delle figlie ... Spero di aver capito male , non conosco bene l'inglese
RispondiEliminaPer Unknow: https://it.qwe.wiki/wiki/Jack_Hemingway
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