Passa ai contenuti principali

Tartacronaca Nr.2: Fuori il guscio! (Tartasaluto alla compare schiscetta)

Un vero amico, quando si trasferisce all'improvviso Oltralpe, non ti lascia solo lo shampoo aperto e un vestito. Ti lascia anche la bici.  L'amico straordinario, inoltre, pensa a quello che farai senza di lui e così in casa ti troverai una sacca di tela piena di fazzoletti. 
Come a dire: non mi hai voluto salutare, almeno ora piangimi (il comune di Milano ringrazia per PiangiMi, campagna PE 2012)!
A volte non ci sono parole e gli animali parlano meglio di me, perciò lascio la parola alla mia Tarta.
 C.

Faccio caso ora al nome di chiara ispirazione Maya. In ogni caso, se devi morire di raffreddore, almeno fallo con confezioni da NOVE fazzoletti (competono con l'Ungheria e i suoi pacchetti da 19 sigarette).

Tartacronaca da Milano, 25 Luglio 2012 - Ora comincia il bello. Quando la terra si fà dura, noi tartarughe iniziamo a scavare d'anticipo. Quest'inverno arriverà una gelata pazzesca, anzi è già iniziata in questi giorni.  
Gli umani si fanno ingannare dalle temperature alte, perchè sono troppo impegnati  per sentire che tempo fa dentro di loro. 
Dentro di me, ora, fa quasi freddo. Però ho un guscio, quindi non tremo. Anzi, mi travesto da Tarta-rock e vado in giro a spassarmela.
Is this the end of the world as we know it?!
No, è solo l'inferno: Bisceglie!
A volte scatto foto utili,
a vedermi non si direbbe.

Ho qualche fisima: sono regredita all'infanzia, da diversi mesi, e lo si evince dal numero di volte che uso "però", nonostante mi contenga. Per lo stesso motivo, non so trattenermi dal raccontare cosa mi passa per la testa.

Ultimamente non mi va più di parlare di business e di schiscette. Forse potrei valutare il lancio di un business di schiscette, questo sì.
[ (apro una parentesi)

La schiscetta, a Milano è una parola-jolly. O meglio, lo è per me! Se lo chiedi alle tartarughe del luogo, ottieni almeno due risposte:
1 - la schiscetta è il pranzo che ti porti in ufficio da casa e la puoi chiamare anche schiscia, o schiscét (forse così è scritto in ungherese);
2 - la schiscetta è un panino semplice e leggero, fatto a tasca.

Nel dopoguerra gli operai si portavano la schiscetta sul lavoro, cioè il panino da muratore o il tegamino col pranzo leggero cucinato dalle mogli. Un giorno hanno inventato le diete e ora tutti vogliono ingrassare portandosi gli intingoli al lavoro così poi possono andare dal dietologo e parlare dei loro sacrifici coi colleghi (che invidia, io non ho mai niente da dire). 
Quindi oggi chiamano schiscetta il pasto nel contenitore Hi-Tech
che scaldano nel Microforno-a-onde-elettrotossiche.
Il discorso potrebbe dirsi concluso e invece no, aggiungono che puoi usare "schiscio" per indicare una cosa da poco, o che la "schiscia" è la pietanziera in sé. Tutto questo per concludere che a Milano potrei vendere schiscette alle tartarughe lavoratrici. Però con la crisi son tutte disoccupate e non mi pagherebbero. Si farebbero fare lo stesso le unghie dall'estetista e lo vedrei e penserei "Ah, per quello i soldi ce li spendi e per darmi un euro schiscio-schiscio no?!". Ci rimarrei male e non mi va. Sicchè io stanotte non voglio parlare né di business, né di schiscette. Ergo sto zitta e scrivo sul blog].
Racconto che la mia compare-coscritta ha accettato una delicata missione in territorio straniero (e calcisticamente nemico). Via dalle schiscette, per un po' si ciberà di baguette, con le inseparabili barbabietole rosse, che le piacciono tanto.
Agli amici si vuole bene lo stesso, anche se hanno gusti opinabili.
Così saluta Milano, raccomanda di non cadere (chi la conosce riderà) e ci lascia a cercare grumolini di insalata* ancora incontaminati dallo smog, quelli salvati dalla creazione dell'Area C.

Ho appreso la notizia della dipartita con la calma caratteristica di noi tartarughe: alle tre di notte il cane mi batteva la zampa sul guscio per consolarmi mentre mi esprimevo in lingue ancestrali sul davanzale della cucina. Poi ha abbaiato: "Bel mugolio! Insegnamelo se hai tempo, però ora strilla piano, che devo dormire". Anche il cane va in ufficio e non per dire. Meno male che c'era lei (è femmina), è molto saggia.
Oggi mi sento meglio: riesco già a camminare per la città senza ripetere a voce alta "no, non è vero!". Stasera il barista cinese giù in piazza mi ha regalato un lecca-lecca al creme caramel, quando sono tornata dal "non saluto" alla mia coscritta. Ero entrata a prendere un tarta-caffè, che non esiste ma è buono lo stesso. Il giovanotto ha colto il mio regresso ai cinque anni e allungato un Chupa-Chups con prontezza. Sono oggetti difficili per una tartaruga, ma con l'impegno niente è impossibile.
Rincasata, sono uscita di nuovo.
In preda a un delirio da eccesso di milanesate, ho tentato di trasformare in tartarughese tutte le parole di cui l'amministrazione locale abusa per farsi auto-promozione. Di fronte a MItrovopropriobene ho lasciato perdere e applicato la barriera anti-messaggi subliminali.

E ora?
A questo punto non mi rimane che isolarmi dal fragore della raccolta del vetro (ore tre del mattino), dagli echi dell'esultanza per gli europei di calcio che abbiamo perso (ma ogni tanto qualcuno è talmente fuori da esultare lo stesso, da capo e come se avessimo vinto. O forse a Milano - ove tutto è meglio -  c'è l'eco più duraturo del mondo). Liberarmi anche dal montaggio del mercato la mattina con i successivi "3 meloni, 3 euro!" che mi martellano nel cranio per le venti ore seguenti. Soprattutto, non riesco a smettere di pensare: perché non un melone ad un euro, che ci faccio con tre poponi?
"Riempici la schiscetta e portateli a lavoro che ce li smazziamo" dice la tartaruga in carriera nella mia testa, con sfoggio di belle parole. (Forse c'è un motivo se vanno tutti in vacanza, non è normale avere animali in tailleur nella testa).

Sproloquio finale 
Ho iniziato confidandovi il mio regresso all'infanzia. Ebbene, ho capito che sono tornata una tartascema e piccola perché è il momento di crescere un altro po'. Avendo un margine di tempo per prima cosa mi sono ritirata dentro, ma presto uscirò fuori di nuovo. Più vecchia? Questo non è detto. Oggi un tipo mi ha risparmiato da un questionario stimandomi al di sotto dei ventun'anni, quindi ne dimostro così pochi che quando tornerò in società sarò ancora una poppante.

"Perché sembriamo sempre due ragazzine?" mi chiese una sera tardi la mia compare, in zona Milano Bovisa.
"Ti sei guardata? Mi hai visto?" 
"Gli zainetti non aiutano, mi sa." 
"No"
"A me serve" 
"Io ho il computer da portare dietro" 
"Hai cenato?" 
"Devo ancora pranzare!" 
"Mi andrebbe un gelato..."
Ciao amichetta, mi ritroverai più o meno come sempre, chissà dove ma come nella foto.
* Per le tartarughe i grumoli di insalata (la più interna al cesto, il cuore) sono un po' come il fondo di un cono gelato industriale per un occidentale consumista (cioè per tutti noi).

Commenti

  1. che grande eredità! pacchetti e pacchetti da nove fazzoletti... usali con parsimonia!

    RispondiElimina
  2. Riporto interessante spunto di riflessione di D.B:
    ma si può considerare il doner kebab una schiscetta??

    Caro D.B., mi sento di risponderti così: secondo te?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il doner tecnicamente è pane arabo ripieno quindi può essere una schiscetta della tradizione! se non è così dimmelo o mi risponderò in questo modo x il resto della vita!

      Elimina
  3. se la cadrega se persa, posso posso chiedere se qualcuno ha una schiscetta un po' legnosa che gli avanza?

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

I figli e i nipoti di "Papa" Hemingway

A volte mentre leggo i capolavori dei grandi del secolo scorso, mi chiedo come se la passi la loro progenie. Certi talenti potrebbero anche essere genetici e forse un giorno ci troveremo tra le mani un bel romanzo di avventura firmato dal pronipote di Bulgakov o vedremo in classifica i nomi Kipling e Orwell . Di nuovo. Del resto, se fossi la discendente di Juri Gagarin, m’interesserei di astronomia e se invece tra miei avi ci fosse stato, mettiamo, Temistocle , non avrei accantonato la matematica alle prime difficoltà liceali. La storia familiare può anche non influenzarci, ma tende a farlo quando i nomi che ci hanno preceduto sono altisonanti. Per questo mi è sembrata un’idea carina quella di fare una piccola ricerca sugli eredi degli scrittori più amati del secolo breve (che, lo ricordo per chi non lo sapesse, fu chiamato così guardando alle svolte epocali della storia, ritenendo che l’Ottocento fosse il secolo lungo in quanto è iniziato nel 1789 con la Rivoluzione Franc

COME DISEGNARE UN CERCHIO COL COMPASSO

Vorrei saper disegnare. Vorrei saper disegnare qualcosa di più di un cerchio col compasso. Non nel senso che vorrei imparare a disegnarci i quadrati e nemmeno le peonie o la caricatura di Dante, con il compasso. Anzi, per essere precisi non vorrei imparare, vorrei proprio saper disegnare, punto. Anzi, non punto: saper disegnare….qualcosa di più di un cerchio con il compasso. Sia chiaro, non che io aspiri a disegnare dei tondi felici mentre scorrazzano con i loro compassi al guinzaglio, anche se in questo ci vedo un parallelo con il nostro ammaestrare la natura che ci ha creato, o dio. Oddio, ma di che parlo. Vorrei essere capace di disegnare, ma non un cerchio perfetto, da volteggio di compasso. E nemmeno vorrei essere capace di disegnare un cerchio perfetto senza compasso, perché allora mi direbbero: "di cognome fai Giotto!". Se mi chiamassi Giotto di cognome, però, il mio nome sarebbe "Uhm", che è come di solito chiamiamo Giotto, se interpellati sul suo nome d

Mi hai rovinato la vita!

"Buonasera" si fa per dire: tira burrasca, se questo scassabarattoli bussa a mezzanotte e venti. "La lavatrice. Ci da fastidio." "Innegabile." "A quest'ora non si può fare questo rumore con la lavatrice." "Se le dicessi che invece sto dando una festa andrebbe bene?" "Ti ho detto altre volte che non si..." "Non si devono fare le feste. Certo, ricordo. Ma se proprio accadesse tanto varrebbe che avviassi una lavatrice, no? Tanto fracasso per fracasso..." "Spegni la lavatrice, d'accordo?" "Volentieri. Le dò una tinozza allora." "Come?" "Così li porta giù e me li finisce di lavare lei." "Nella mia lavatrice?" "Se le dà noia la mia figuriamoci la sua: no, genio, dicevo a mano! Ah, importante: il vestito nero prima di tutto, che se non s'asciuga entro domani non posso partire. A meno che non me ne dia un altro lei, ma mi pare non sia il suo stile."