Passa ai contenuti principali

La Posta del C...aso

“Il miglior modo per completare qualcosa è iniziare.”
Anonimo

Risposta da Rivista Inesistente messaggio inconsistente rinvenuto in un cassetto

Gentile Anonimo, non posso che risponderLe completando il Suo illuminato pensiero: Il miglior modo per completare qualcosa, è iniziare...dalla fine. Pensaci, caro Anonimo (posso darti del tu?), secondo te è più difficile prendere e dedicarsi a un'azione qualsiasi o portarla a termine? Come mai capita anche al lettore più accanito di iniziare la otto libri in un mese e non finirne manco uno? Quante persone decidono di prendersi cura di un animale e poi lo abbandonano? Scusami, questo esempio fa troppo male al cuore, modifichiamolo: quante persone decidono di tenere pulita la macchina e poi non la lavano che una volta l'anno? 
Fammi un fischio bello forte, Anonimo (posso chiamarti con un diminutivo?...No, non posso) se pensi che il vero problema delle persone sia iniziare una cosa, una qualsiasi come ad esempio: fare la prima lezione di un corso di lingua, cambiare l'arredo dell'appartamento, prendersi cura dei propri capelli (tagliarli ogni tre mesi, cose così). 
Io penso di no, che non sia difficile la partenza, ma l'essere costanti e impegnarsi fino alla fine. Obietterai che spesso ci blocchiamo a priori, che l'ostacolo è nella testa e ci impedisce di metterci a sedere a preparare quel piano di azione o ad alzarci in piedi e pitturare quella parete. (parlassi a un pubblico esclusivamente toscano avrei sostituito il tutto con: uscire di casa e (nome di strumento a fiato)rci quella ragazza). 
Hai un po' ragione, bravo Franco (posso chiamarti Franco?), ma la ritrosia iniziale si sfonda, prima o poi, se davvero vuoi fare una cosa (in Toscana c'è un detto, non citabile, che in versione leggera corrisponde a "chi la dura, la vince") . Se quella cosa la vuoi, amico mio (diventiamo amici, Anonimo Franco?), ti metterai a farla. Lo stesso vale se quella cosa devi farla, cioè se te la impone il lavoro o l'ufficio delle imposte. Dopo qualche mese al buio sono sicura che le paghi anche tu le bollette, Franco Anonimo (Se vuoi ti trovo un altro nome, che stia meglio con il tuo cognome. Che ne dici di Pisano? Ti piace?). Detto questo e trovato il pieno accordo con te, Pisano, torniamo punto di partenza: iniziare è la condizione necessaria ma non sufficiente per completare qualcosa.

Ci sono delle difficoltà oggettive nel portare avanti una missione fino all'obiettivo e te ne voglio citare una soltanto, Pisano mio: 

la prima uscita delle collane DeArrotini costa sempre pochi euro (e novantanove centesimi).

La seconda sale verso i novecento (e novantanove centesimi). [Cruciale è la ricorrenza del nove perché divisibile per tre e sappiamo tutti quanto importante sia il tre secondo Dante Alighieri, il vero deus ex machina nonché faccendiere nascosto dietro ogni singola operazione che si svolge in Italia, da sempre].

Il risultato è talmente scontato che l'editore stesso prevede una tiratura altissima per l'uscita di lancio e una diversa, drasticamente ridotta, per le successive (secondo una recente stima ISTATICO* gli ultimi fascicoli di collezionabili come "Trine e chiodi nel Paleocristiano" raggiungono la tiratura di cinque copie se pubblicate sotto Pasqua. *istituto italiano statistiche inventate, cretinate e occhiolini). La costanza non si compra al supermercato e nemmeno in edicola, amico mio. (Per qualche ragione ora mi sentirei più di chiamarti Siniscalco, che però è un cognome. Te la senti di abbandonare "Anonimo"? Faresti questo per me? Fammi sapere).

Iniziare sarà anche importante, ma se non conosci l'obiettivo, se non lo senti, non lo tocchi, non ci arriverai mai. Dante voleva Beatrice e credi che l'abbia mai avuta stando chiuso a scrivere di lei, che a nove anni era tanto bellina con le treccine? Affezionato Siniscalco, non mi faccia diventare volgare (posso darLe del Lei?), sa perfettamente cosa penso: se vuole una cosa, perseveri. 

Crede ancora che per fare qualcosa basti iniziarla, esimio? Almeno la inizi dalla fine, allora, così è sicuro di averla completata, poi può vedere di procedere al contrario. Mia nonna leggeva riviste e libri cominciando dalla fine. Li sfogliava al contrario e Le giuro che non sapeva nemmeno cosa fossero i Manga (i fumetti giapponesi che si leggono a ritroso). L’ho sempre trovata molto saggia, una donna pratica, come vorrei essere anche io. Ogni tanto provo a sfogliare le pubblicazioni al contrario per capire il vantaggio. L’ho fatto oggi stesso dopo aver letto il suo messaggio, Siniscalco Franco, ragionandoci per bene, chiamando a raccolta le mie conoscenze di fisica: non è arrivato nessuno e non ho capito niente, però mi sono ricordata un dettaglio. Mia nonna non leggeva, sfogliava. 

Intuisco che la Sua vita sia stata predestinata dal nome assurdo che Si ritrova, ma se Lei stesso Si sente un paradosso vivente, non per questo deve produrre altri ossimori a Sua volta. Fai qualcosa di bello, Anonimo (ho capito, Siniscalco non lo senti tuo, va bene così), intreccia braccialetti, costruisci casette di legno, aiuta il vicinato con la spesa: ti pagano e ti sorridono pure, se fai una tariffa migliore dell'Essestorta, della Tresco o anche del lattaio (i lattai chiedono un sacco di soldi, secondo me). Vedi tu, trova un modo per impiegare la tua energia che sia soddisfacente per te e utile per il resto del mondo, se proprio senti il bisogno di contribuire al tutto, ma, ti prego, non dispensare modi di dire. Se proprio devi farlo almeno completali, perdiana. 

Originale, bravo Anonimo, almeno scrivili su dei foglietti meno pretenziosi. E l'ortografia...Anonimo!


Commenti

Post popolari in questo blog

I figli e i nipoti di "Papa" Hemingway

A volte mentre leggo i capolavori dei grandi del secolo scorso, mi chiedo come se la passi la loro progenie. Certi talenti potrebbero anche essere genetici e forse un giorno ci troveremo tra le mani un bel romanzo di avventura firmato dal pronipote di Bulgakov o vedremo in classifica i nomi Kipling e Orwell . Di nuovo. Del resto, se fossi la discendente di Juri Gagarin, m’interesserei di astronomia e se invece tra miei avi ci fosse stato, mettiamo, Temistocle , non avrei accantonato la matematica alle prime difficoltà liceali. La storia familiare può anche non influenzarci, ma tende a farlo quando i nomi che ci hanno preceduto sono altisonanti. Per questo mi è sembrata un’idea carina quella di fare una piccola ricerca sugli eredi degli scrittori più amati del secolo breve (che, lo ricordo per chi non lo sapesse, fu chiamato così guardando alle svolte epocali della storia, ritenendo che l’Ottocento fosse il secolo lungo in quanto è iniziato nel 1789 con la Rivoluzione Franc

COME DISEGNARE UN CERCHIO COL COMPASSO

Vorrei saper disegnare. Vorrei saper disegnare qualcosa di più di un cerchio col compasso. Non nel senso che vorrei imparare a disegnarci i quadrati e nemmeno le peonie o la caricatura di Dante, con il compasso. Anzi, per essere precisi non vorrei imparare, vorrei proprio saper disegnare, punto. Anzi, non punto: saper disegnare….qualcosa di più di un cerchio con il compasso. Sia chiaro, non che io aspiri a disegnare dei tondi felici mentre scorrazzano con i loro compassi al guinzaglio, anche se in questo ci vedo un parallelo con il nostro ammaestrare la natura che ci ha creato, o dio. Oddio, ma di che parlo. Vorrei essere capace di disegnare, ma non un cerchio perfetto, da volteggio di compasso. E nemmeno vorrei essere capace di disegnare un cerchio perfetto senza compasso, perché allora mi direbbero: "di cognome fai Giotto!". Se mi chiamassi Giotto di cognome, però, il mio nome sarebbe "Uhm", che è come di solito chiamiamo Giotto, se interpellati sul suo nome d

Tartacronaca Nr.5 - La pianta milanese della felicità

Supermercato, ore 21.50. Cassiera a ragazzo, lui ha appena comprato una pianta: "E' un ficus, la pianta della felicità, vero?" Ragazzo, con espressione assente e seccata: "E' una pianta da appartamento." (Cassiera perde quel briciolo di autostima che le aveva dato il coraggio di tentare una mezza conversazione al termine di un turno massacrante.)  Mi è venuta la tentazione di avvicinarmi e guardarlo con un monocolo immaginario come se fosse un'opera d'arte di rara bellezza , per poi dirgli: "Semplice, essenziale: sei tu. TU SEI MILANO!". Sarebbe stato da portarlo a Rimini dentro a quel parco con la riduzione in scala delle città italiane e metterlo al posto del duomo di Milano che riempirebbe a meraviglia quel brutto spazio vuoto in camera mia (oltre a diventare un bersaglio perfetto per una serie di giochi da tiro). Il giovanotto avrei potuto lasciarlo lì per i padri etnologi dei bambini costretti ad amare la geografia, ins