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Tutto accade per un motivo: se mi stai leggendo ci sarà un perché


Questa settimana ho perso diversi incipit, di articoli e di racconti delle quattro del
mattino, perché il mio computer resta acceso quel tanto che basta a iniziare qualcosa, poi si spenge mentre premi il tasto Salva. Un divertimento che non vi dico. Eppure credo che qualsiasi cosa ti accada per un motivo e questa è la filosofia spiccia che tengo per me stessa ma che ha reso la vita piacevolmente leggera fin dalla tenera età di 57 anni, quando sapevo accettare ogni inconveniente per quello che era e andare avanti. Vivi come se fossi in un videogioco tipo "Paperino contro Draghi" e ti fosse rimasta una vita sola. No, signore in terza fila con la maglietta del latte a lunga conservazione, non ho saltato un articolo, è “Paperino contro Draghi”, non "Paperino contro I draghi". Draghi, Mario, ha presente? Giapponese, iconico, negli anni novanta giocavano tutti con lui pensando che fosse italiano? Poi ha fatto i soldi ed è diventato governatore della Banca d'Italia e, in seguito, della BCE. Ciò che conta è che nel gioco Paperino percorre una ventina di livelli pieni di ostacoli per arrivare a sfidare l’acerrimo rivale Supermario Bros. 

Il mio nuovo computer
Ci interrompiamo un attimo pensando alla parola acerrimo: quanti di voi la usano con cognizione di causa? Ecco, nemmeno io o meglio sì perché il mio cervello scarta tutto ma si dimentica qualche zampillo di lezione di latino del liceo, quel tanto che basta a sfoggiare del sapere che non ho. Dunque acèrrimo è il superlativo - una cosa molto lativa - di àcer (ce li hanno mica solo gli ungheresi gli accenti stronzi, eh!) che significa acre, violento, acuto, ma si usava anche per dire di un vino era “frizzante”. Dunque se avete un nemico acerrimo, sappiate che è un tipo molto frizzante, con tanto vino in corpo. 

Penso di avervi dato abbastanza per stanotte, ma continuerò comunque a dare perle ai porci, ehm, considerazioni interessanti agli appassionati spettatori di questo evento. Dicevamo, Supermario. La vita è una metafora dei videogiochi, per questo molte persone dopo aver speso tanti anni nella Playstation decidono di passare a un’esistenza di evasione e svago e si mettono a vivere nel mondo cosiddetto reale: è riposante, dopo tante sfide. Così bisogna transitare nella realtà: superando le difficoltà e gli incidenti e andando avanti, senza fermarsi a patire per quanto ci hanno ferito. Alla fine dovete arrivarci grondanti di sangue e pieni di lividi, un po’ come me quando ho fatto il corso di formazione per prendere il tesserino da giornalista a Firenze e sono andata a lezione con un lato sfasciato dopo essermi fatta metà della mia corsa mattutina rotolando giù da Piazzale Michelangelo. Pur di non far tardi sono andata com’ero, tutta rincoglionita e piena di sangue dappertutto. La gente per strada mi guardava con disgusto, una ragazza - santa subito - mi ha iniziato agli antidolorifici e nessuno mi ha offerto un posto a sedere, ma ho resistito. 


Per la cronaca la mia cuginetta mi ha poi disinfettata con otto litri di acqua ossigenata facendomi sbraitare perché confondeva la schiuma del disinfettante con il pus e continuava ad aggiungere queste fiamme vive in bottiglia sulle mie ferite con l’ostinazione di chi sa di fare il tuo bene. 
Videogioco Vs Vita Reale: quali tartarughe sembrano più vitali?

Tutto succede per un motivo, lo vedete? Se quella mattina non fossi uscita a correre alle cinque del mattino senza essere nemmeno andata a letto la notte prima, questa notte, un lustro dopo, non avrei potuto raccontarvi questa storia magnifica. Avrei scritto: “Alla fine dovete arrivarsi  grondanti di sangue e pieni di lividi, un po’ come me” punto. Avreste pensato: “Questa va in giro incrostata di sangue di ferite d’infanzia. Andiamo bene, un’altra matta”. 

Sono molto felice di aver perso un sacco di lavori questa settimana, soprattutto quelli creativi che scrivo a scapito del sonno, perché mi ricordano quanto è bella e utile la carta e mi sento fortunata per non aver perso l’abitudine di scrivere molte cose a penna, prima. Inoltre se non avessi perso tutti quei testi (due) adesso non starei scrivendo questo che è molto più bello. Figuratevi gli altri. 

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