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Tartacronaca Nr.13 - storie della finta fine del mondo e di una tartaruga all'estero



Sono una tartaruga nata non so dove, cresciuta in Italia e ora esule in Ungheria, a Budapest. Vivere all'estero vuol dire essere pronti a tutto, perfino in circostanze tranquille come quando in ufficio ti chiedono se vuoi una determinata cosa e tu non riesci ad afferrare il complemento oggetto, una parola che non  conosci ma hai già sentito mille volte e quella mattina ti hanno fatto i complimenti per i progressi che stai facendo con la lingua, sarebbe un peccato guastare il momento domandando cosa vuol dire proprio quella parola lì che sanno tutti. Allora taci e acconsenti. Un'ora dopo ti trovi sulla scrivania uno dei venti oggetti più improbabili mai distribuiti nella storia degli uffici, sia esso un porta tagliacarte  - esiste, nonostante non conosca nessuno che abbia più di un taglia carte sul tavolo, tra i pochi che ancora lo usano, - o un ricambio di inchiostro per i timbri - a meno di non lavorare all'ufficio brevetti o in una segreteria si sa che una persona media non vede mai finire l'inchiostro blu nella scatolina di latta, della carta carbone - chiedete cosa sia a uno nato nel 1994 e lo sentirete citare la Rivoluzione Industriale - o, e qui mi riferisco a un'esperienza vissuta sulla mia pelle, una rapa nera, se non un intero cestino di dolci al vermut che non sarebbe nemmeno male, non fosse che appunto c'è il vermut dentro e che ti costano un capitale. In quest'ultima ipotesi potrebbero darci la condizionale: il termine che ignoravamo era il nome di un dolce tipico, lo avevamo sentito dire ma dato che non ci piaceva non l'abbiamo memorizzato.
Ad ogni modo, sono appena rientrata dalle vacanze di Natale.
Il bello di essere una tartaruga è che delle convenzioni sociali m'importa il giusto, ovvero niente. Il capodanno non lo festeggio, sono in letargo, mentre la mia controparte umana quest'anno ha finalmente compiuto un'azione sensata, trascorrendolo come una serata qualunque, solo rientrando a casa prima del solito e andando a letto alle una, invece di fare l'insonne tutta la notte o coricarsi alle tre. Sono orgogliosa di lei, una serata al pub con due amici ben scelti (le uniche due persone rimaste sole che non ci tenevano a restarlo per forza), qualche sbuffo per i petardi e l'amara constatazione che ormai in giro ci sono più venditori di rose che galantuomini e spacconi disposti a comprarle. Spumante fu una pinta di Mc Farland, la birra che berrei anche io, se non fossi una tartaruga. Sul tavolo anche il sidro, come impone la terza regola della casa del sidro: onora il capodanno con vero sidro di mele. Sono stata pure fortunata, gli amici scelti a caso erano una molto simpatica e d'indiscussa intelligenza l'altro assai affascinante e interessante, tra l'altro è l'inventore di almeno una specie animale. Il 2013 è iniziato contro le nostre aspettative.
Abbiamo creduto alla profezia sulla fine del mondo e ci siamo disfatte di una marea di utensili indispensabili, abbiamo inoltre dato fondo alle scorte alimentari, liquide e vinicole evitando di fare la spesa negli ultimi mesi e ci siamo anche disinteressate di tutte le attività in pendenza, per quante possa averne io che, essendo una tartaruga, non faccio assolutamente niente. Come trascorreresti le giornate, sapendo che il mondo finirà entro la settimana? Ci siamo chieste. Come sempre, la pressione e l'impellenza ci hanno imposto di rispondere a caso, con le prime parole che ci sono venute in mente. Erano le 12 ed eravamo sveglie da sei ore, a digiuno dalla sera prima. Tutto quello che siamo state in grado di dire è stato "biscotti". "Vuoi passare una settimana mangiando biscotti?". "No - ho risposto io, la tartaruga, che non so masticarli - io non li mangio, non posso!". "Allora li vuoi preparare! Ho capito, mi sembra un'idea magnifica per addolcire a tutti quest'apocalisse!"
Madre Natura di tempo ne ha poco, non date retta ai Puffi. Nel cartone animato la rappresentano come una vecchietta affabile e sempre a disposizione per rimediare ai danni delle imprudenti creature blu, ma non è così. A me concede udienza giusto perché appartengo a una specie protetta, alla mia padrona la ascolta a malapena e comunque anche con me non si intrattiene mai più di due minuti, quindi con lei vale la prima risposta. Pertanto abbiamo passato le feste a preparare biscotti e regalarli al maggior numero di conoscenti reperibili possibile, come estrema occasione per comunicare affetto e amicizia, o anche livore e astio grazie ai biscotti al rabarbaro con peperoncino e pezzi di cavolo verza. Salvo poi scoprire che il mondo non intende esplodere, né eclissarsi o congelarsi e nemmeno tramutarsi in un cactus gigante. Il 2013 è iniziato all'insegna delle notti bianche - per la mia controparte umana, ricordo, io sono in letargo, partecipo solo con la mente -, a Malpensa e a Budapest, dove il rientro a lavoro ci ha ricordato i molteplici impegni di studio e di mestiere riducendo la tendenza al riposo.

Concludo con un pensiero fresco di questa mattina: quelli come me segnano la fine dei galli. Quasi ogni mattina il chicchirichì mi trova ancora desta, magari intenta a scrivere qualche facezia, altrimenti a leggere un libro o a studiare, se non a correre. A Natale ero dai miei e potevo sentire un galletto in carne e ossa a un centinaio di metri da casa nostra, mentre a casa mia, un po' più tardi, suona ripetute volte la sveglia del mio coinquilino, che riproduce il verso dello stesso animale. Per me è inutile, lo aspetto desta. Un sacco di altra gente sceglie Oppure potremmo diventare noi la sveglia dei galli, in fondo loro devono essere puntuali nell'intonare il loro bel canto rompisogni, ma chi si occupa di svegliare loro?

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