"Bisogna accettarla così com'è"
"Brava, io la accètterei per davvero, in senso letterale!"
A parte l'umorismo di dubbio gusto, quello che è avete appena letto non è uno scambio di battute da bar, ma una conversazione sentita in un bar, riportata quasi in diretta dalla sottoscritta, con una differita di appena due minuti. Erano le 10.54 e la tizia dispensatrice di filosofia spicciola da cappuccino stava facendo colazione. A Budapest, dove abito, nessuno fa colazione alle 10.54, al massimo io a lavoro, quando la faccio prima dell'ora in cui gli altri pranzano. A Budapest, per la dirla tutta, non ci sono bar nel vero senso della parola - no, non lo so quale sia questo senso. Se lo scopro ve lo dico - il caffè si beve a sedere, con calma, a tavolino e non al bancone. Quindi vi ho già fatto dedurre che non siamo a Budapest, io e il mio carapace. Resta da capire dove siamo e qui, mentre la donna di prima lascia il locale, interviene di nuovo il barista della battuta di poco fa:
"Ciao zia!"
Milano, ancora Milano. Aria purificata, sto respirando vera aria purificata, lo sostiene la targhetta sul muro di questa bettola piena di elenchi del telefono che non usa più nessuno. Ho un sacco di cose da fare, quindi ne prendo uno e inizio a sfogliarlo. C'è sempre tempo per una lettura edificante. 1805 pagine di storie, personaggi, possibili scherzi. Solo 1805, perché è il volume dei cognomi dalla emme alla zeta, signori miei, non sono così pochi gli utenti milanesi! Versione integrale, mica Oscar Mondadori, dopo Milano ci sono tutti i classici, da Assago a Vimodrone. Lo ripongo, troppa cultura per oggi, ieri non ho dormito. Ieri l'altro un poco sì. Sono di nuovo nel tunnel e dire che in quanto tartaruga dovrei dormire tutta la stagione e parte della successiva! La vita di città mi ha rovinato, le città mi fanno male. Budapest mi fa addirittura soffrire. Stanotte ne guardavo i muri peggiori mentre il treno lasciava la stazione di Nyugati, che non è un altro posto ma una parola che vuol dire "occidentale", e pensavo che la amo proprio se soffro a lasciarla cinque giorni, se sto male al punto di doverle sussurrare in inglese, come una canzone, di aspettarmi, that I will come back, that I wanna stay here with her beauty and her uglyness and her terrible smell of life, oh it's so bad I cannot live in an other place right now. Poi ho riflettuto meglio di fronte al controllore incerto se disturbare il mio delirio o lasciarmi incontrollata e che soprattutto non voleva mettere piede nel mio scompartimento prima che chiudessi il finestrino cui stavo affacciata. Che momento di squallido romanticismo solitario, vieni qui controllore fammi compagnia con la tua voce grottesca, nel senso che sembra tu mi stia parlando da un anfratto di roccia bello profondo e pieno di calcare di quello che ha fatto scollare la guarnizione della nostra doccia che ora schizza fino a Vienna. Guarda controllore casa mia è proprio dietro a quei palazzi, vedi, davanti a quello spiazzo enorme vuoto dove un tempo c'era un edificio bello grosso e ora niente e allora se tira un nodo di vento sembra che ci sia la tempesta, dalla mia finestra. Pensa il mio coinquilino che ora è in casa che dorme, auguriamogli di dormire bene, torneremo presto. E mentre penso questo, controllore, capisco che non è romanticismo il mio. Solo ubriacatura da sonno. Niente alcol, solo bisogno di dormire.
E Milano e sempre Milano. A Budapest la gente parla di numeri, di tram e di quello che ha visto mangiare a qualcun altro.
A Milano la gente parla, sempre lei, la gente, cioè nessuno in particolare e comunque non io, io che potresti essere anche tu, noi non li facciamo mai i discorsi della gente, vero, non li fa nessuno ossia tutti, a Milano la gente parla della nebbia, della pioggerillina sottile, di quante ore ha lavorato.
Poi mi dicono che non sono i luoghi a fare la differenza.
Se è così allora accettiamoli, no?
PS: mentre concludevo il barista ha spostato un tavolino sollevandoselo fino a sopra la testa e ha sfogato lo sforzo con il suono "Oppà!", che credevo fosse un'esclusiva magiara. Forse davvero i luoghi sono tutti uguali.
PPS: non lo sono. Il barista non ha voluto 50 fiorini per il caffè.
"Brava, io la accètterei per davvero, in senso letterale!"
A parte l'umorismo di dubbio gusto, quello che è avete appena letto non è uno scambio di battute da bar, ma una conversazione sentita in un bar, riportata quasi in diretta dalla sottoscritta, con una differita di appena due minuti. Erano le 10.54 e la tizia dispensatrice di filosofia spicciola da cappuccino stava facendo colazione. A Budapest, dove abito, nessuno fa colazione alle 10.54, al massimo io a lavoro, quando la faccio prima dell'ora in cui gli altri pranzano. A Budapest, per la dirla tutta, non ci sono bar nel vero senso della parola - no, non lo so quale sia questo senso. Se lo scopro ve lo dico - il caffè si beve a sedere, con calma, a tavolino e non al bancone. Quindi vi ho già fatto dedurre che non siamo a Budapest, io e il mio carapace. Resta da capire dove siamo e qui, mentre la donna di prima lascia il locale, interviene di nuovo il barista della battuta di poco fa:
"Ciao zia!"
Milano, ancora Milano. Aria purificata, sto respirando vera aria purificata, lo sostiene la targhetta sul muro di questa bettola piena di elenchi del telefono che non usa più nessuno. Ho un sacco di cose da fare, quindi ne prendo uno e inizio a sfogliarlo. C'è sempre tempo per una lettura edificante. 1805 pagine di storie, personaggi, possibili scherzi. Solo 1805, perché è il volume dei cognomi dalla emme alla zeta, signori miei, non sono così pochi gli utenti milanesi! Versione integrale, mica Oscar Mondadori, dopo Milano ci sono tutti i classici, da Assago a Vimodrone. Lo ripongo, troppa cultura per oggi, ieri non ho dormito. Ieri l'altro un poco sì. Sono di nuovo nel tunnel e dire che in quanto tartaruga dovrei dormire tutta la stagione e parte della successiva! La vita di città mi ha rovinato, le città mi fanno male. Budapest mi fa addirittura soffrire. Stanotte ne guardavo i muri peggiori mentre il treno lasciava la stazione di Nyugati, che non è un altro posto ma una parola che vuol dire "occidentale", e pensavo che la amo proprio se soffro a lasciarla cinque giorni, se sto male al punto di doverle sussurrare in inglese, come una canzone, di aspettarmi, that I will come back, that I wanna stay here with her beauty and her uglyness and her terrible smell of life, oh it's so bad I cannot live in an other place right now. Poi ho riflettuto meglio di fronte al controllore incerto se disturbare il mio delirio o lasciarmi incontrollata e che soprattutto non voleva mettere piede nel mio scompartimento prima che chiudessi il finestrino cui stavo affacciata. Che momento di squallido romanticismo solitario, vieni qui controllore fammi compagnia con la tua voce grottesca, nel senso che sembra tu mi stia parlando da un anfratto di roccia bello profondo e pieno di calcare di quello che ha fatto scollare la guarnizione della nostra doccia che ora schizza fino a Vienna. Guarda controllore casa mia è proprio dietro a quei palazzi, vedi, davanti a quello spiazzo enorme vuoto dove un tempo c'era un edificio bello grosso e ora niente e allora se tira un nodo di vento sembra che ci sia la tempesta, dalla mia finestra. Pensa il mio coinquilino che ora è in casa che dorme, auguriamogli di dormire bene, torneremo presto. E mentre penso questo, controllore, capisco che non è romanticismo il mio. Solo ubriacatura da sonno. Niente alcol, solo bisogno di dormire.
E Milano e sempre Milano. A Budapest la gente parla di numeri, di tram e di quello che ha visto mangiare a qualcun altro.
A Milano la gente parla, sempre lei, la gente, cioè nessuno in particolare e comunque non io, io che potresti essere anche tu, noi non li facciamo mai i discorsi della gente, vero, non li fa nessuno ossia tutti, a Milano la gente parla della nebbia, della pioggerillina sottile, di quante ore ha lavorato.
Poi mi dicono che non sono i luoghi a fare la differenza.
Se è così allora accettiamoli, no?
PS: mentre concludevo il barista ha spostato un tavolino sollevandoselo fino a sopra la testa e ha sfogato lo sforzo con il suono "Oppà!", che credevo fosse un'esclusiva magiara. Forse davvero i luoghi sono tutti uguali.
PPS: non lo sono. Il barista non ha voluto 50 fiorini per il caffè.
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