Una bottiglia di rosso, due cartoni di latte al cioccolato e un litro di tè alla mora: il tipo che mi precedeva nella breve fila all'unica cassa aperta nello Spar di Nyugati alle nove e trenta di sera si preparava a una gran serata. Immaginai di chiedergli come intendesse procedere: avrebbe guastato prima il vino o la bevanda da bambini? E, tanto per sapere, prevedeva di mettere in corpo anche qualcosa di solido, oltre a quel miscuglio poco invitante? Forse aveva i figli da guardare la mattina seguente e voleva accoglierli con una colazione decente, ma in casa teneva solo i biscotti perché lui, padre divorziato da alcuni anni e discreto bevitore, il latte non lo prendeva. Nella spiegazione trovava posto anche il tè alla mora, perfetto per la merenda di metà mattinata. Quella serata solitaria, invece, l'avrebbe ammazzata col vino, che gli avrebbe dato una mano anche a tollerare il freddo inatteso di quella notte di marzo poi ricoperta da una nevicata sempre più intensa. Continuai a pensarci mentre vedevo scorrere sul nastro la mia spesa, così consistente in confronto alla sua: frutta, yogurt, verdure e pane per il giorno dopo, quando non ne avrei trovato in giro visto che sarebbe stata festa nazionale. Noiosa, perfino premeditata. Niente di impulsivo e insensato, comprato in osservanza di un capriccio del momento. Avevo considerato una lattina di birra, in effetti, ma poi avevo rinunciato in onore al mio proposito di scrivere e fare un lavoro promesso a un'amica che mi ricordai solo nel momento in cui scrissi questa riga. Niente birra, non un accessorio imbarazzante. Nemmeno un dettaglio che potesse stuzzicare la curiosità del bel biondo che aspettava il suo turno dopo di me con una ricca scorta di barrette di cioccolato assortite, una bottiglia di Coca Cola, Rum, un sacchetto pieno di panini e una confezione di formaggio spalmabile. C'era qualche incongruenza anche in quella, di spese, ma la serata che lasciava indovinare sembrava comunque più intrigante della mia, che avrei mangiato qualcosa leggendo le notizie della sera per poi mettermi a scrivere un racconto sulle persone incontrate al supermercato, usando il passato remoto senza nessun motivo apparente.
Nota: il titolo significa "prego avanzare" - "il prossimo" volendo tradurre in un italiano intelligibile - e si riferisce alla frase ripetuta dai cassieri e dalle cassiere in Ungheria, con un tono monotono raggiunto dopo mesi di studio e prove registrate. Per ogni cliente in coda viene riproposta in media tre volte: una a volume talmente basso che la cassiera stessa dubita di averla detta davvero, una seconda a voce alta ma in modo molto rapido, con una punta di irritazione, la terza con il piglio dell'ufficiale SS, carica di livore per il tempo perduto per colpa del cliente, distratto da chi sa quali pensieri mentre lei è ancora a lavoro. E questo "ancora" va bene anche se sono le otto di mattina e la signora è in camice da un'ora o poco più.
Nota: il titolo significa "prego avanzare" - "il prossimo" volendo tradurre in un italiano intelligibile - e si riferisce alla frase ripetuta dai cassieri e dalle cassiere in Ungheria, con un tono monotono raggiunto dopo mesi di studio e prove registrate. Per ogni cliente in coda viene riproposta in media tre volte: una a volume talmente basso che la cassiera stessa dubita di averla detta davvero, una seconda a voce alta ma in modo molto rapido, con una punta di irritazione, la terza con il piglio dell'ufficiale SS, carica di livore per il tempo perduto per colpa del cliente, distratto da chi sa quali pensieri mentre lei è ancora a lavoro. E questo "ancora" va bene anche se sono le otto di mattina e la signora è in camice da un'ora o poco più.
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