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Tartacronaca Nr.18: al mercato delle offese

I miracoli succedono anche a Budapest. Perché
no in fondo? Vero, di solito prediligono luoghi piccoli e poco frequentati, meglio se abitati da persone poco acculturate e propense a distinguere la VM in una macchia solare bianca con leggere sfumature azzurre, ma tutti fanno delle eccezioni, anche i miracoli. I tonni, i tonni no, non decidono mai di andare a spasso fuori dall'acqua, così se mi innamorassi di un tonno non potrei nemmeno avere la consolazione di cercarlo tra la folla del venerdì sera. Stamani mi è successo un miracolo che mi ha stupito assai più di un'eventuale discesa della beata vergine Maria, degli angeli e di tutti i santi che in ogni tempo le furono…graditi (e questa storia dei santi che gradiva mi ha dato tanto da pensare quando frequentavo la chiesa, ma tanto, giuro). Ero al mercato, dove di solito mi carico di tutta la mia sicurezza per chiedere ciò che desidero portarmi in ufficio. Sfortuna vuole che il mio stomaco abbia forti limiti in fatto di fantasia e desideri ogni santo (stamani sto per avere la vocazione, è evidente) giorno mele, per giunta sempre della stessa qualità, e yogurt bianco, del resto sono una tartaruga ed è già tanto che mi piaccia lo yogurt, oltre alla frutta. Per forza di cosa, insomma, devo fornirmi con regolarità negli stessi banchi.

Anni fa ho costruito una certa forza di carattere grazie a una delicata signora i cui 600 chili erano per un buon 70% composti da massa muscolare cattiva; lo so, non esiste, ma siete sul mio blog pertanto prendetevi quello che vi passo. Covava un certo rancore verso il mondo, ma lo incanalava abbastanza bene verso un unico bersaglio: la ragazza straniera rompiballe che alle otto del mattino chiedeva con voce flebile e ungherese incerto tre o quattro mele verdi, cambiando il numero a seconda di quanto lei si manifestava adirata. La prima volta ne aveva chiesta una e, compreso l'errore, non aveva mai più osato niente di simile. In Ungheria non è mai consigliabile chiedere un solo pezzo. Piuttosto comprane due e una la regali a una collega, ma una sola no, perché richiede al negoziante lo sforzo di prendere l'oggetto e dartelo per un ben misero ricavo in denaro. La seconda volta, dopo che per diversi giorni avevo inghiottito mele di cera, incapace di superare il terrore verso la gentil signora, ho optato per il fai-da-te, imitando la vecchietta che mi precedeva e che si stava servendo da sola di peperoni, carote e tutto, per poi consegnare la merce alla dinosaura, ehm, alla commerciante, che avrebbe pesato la verdura e riscosso il dovuto. Appena ho azzardato toccare le mele mi ha aggredito con un velenoso "Nem!" che, intuibile, non vuol dire "dolce signorina serviti pure, che piacere vederti ancora, complimenti per la gonna" ma "no" e un "no" così carico di irritazione che divenne tutta rossa, mentre io sentii la mia altezza ridursi in maniera drastica. La sera scoprii che mi era anche venuta una piccola ciocca di capelli bianchi. Mi aveva comunque strappato il sacchetto e la mela di mano e servito lei cinque mele, a sua discrezione, senza che le chiedessi niente, infine me le (basta!) aveva date in mano, senza busta. Avevo raggiunto l'ufficio con una certa difficoltà, rinunciando a ulteriori acquisti per via del mio impedimento. Ci avevo messo un po' a ritrovare il coraggio di farmi rivedere dalla madama, ma quando lo feci ero preparata: sapevo quante mele prendere per non farla arrabbiare e che doveva servirmi lei. Fatta la mia richiesta, la donna mi guardò con odio e disse che potevo fare da sola, come tutti. Mai scorderò il modo in cuì digrignò i denti. Tremando presi qualche mela. Sembrava quasi finita, per quel giorno, ma lei mi fece poco dolcemente cenno di sistemare meglio il contenuto della cassetta. Poi si avvicinò, roba da pelle d'oca, e mi mostrò che dovevo prendere le mele che stavano sopra, fossero anche tutte battute e piene di vermi, non andava bene che le sostituissi a quelle buone che stavano sotto.
La sognavo la notte, immaginavo di incontrarla per strada e che mi spezzasse le ossa una per una, vivevo nel terrore, ma…compravo sempre le sue mele. Quando ho lasciato Budapest per un periodo ho sentito la sua mancanza, la vita mi sembrava troppo semplice e rischiavo di cadere nella pigrizia di un mondo dove chiedi e, se paghi, ricevi in cambio anche un sorriso. Capirete il mio smarrimento quando, rientrata a vivere in Ungheria, ho scoperto che non c'era più. Niente donna cattiva, niente mele. A questo punto preciserò che quelle mele erano da favola, mai mangiate mele tanto buone. A ben guardare, erano mele che si trovano anche altrove, ma ottenerle era così difficile che assumevano il gusto della vittoria, dimostravano la mia forza, ricordandomi allo stesso tempo che avrei dovuto lottare ancora. 

Col tempo mi sono adattata all'assenza della signora, complici le malefatte di altri suoi colleghi del mercato centrale che non mancano di farmi sentire una nullità nel momento in cui divento cliente fissa. Tranne Lei. All'inizio dell'anno hanno assunto, al banco dove a volte prendo il dolcino…alle mele, sì, l'ho detto subito che sono monotona, una ragazza gentile. Gentile ma gentile sul serio, anche troppo. Mi saluta (mi saluta!!!) persino se passo soltanto, mentre vado a lavoro. E quando invece mi fermo a comprare mi chiede già conferma di quello che voglio e non con il fare strafottente di chi deride il mio scegliere sempre la stessa cosa, ma con un sorriso simpatico che mette voglia quasi di farci amicizia. E stamani, il miracolo: mentre la collega mi serviva mi ha chiesto come stavo e come mi chiamo. Conversazione. Al mercato. Inaudito. Il massimo dialogo che avevo avuto finora era quello, odioso, alla cassa dello Spar. Uno scambio di battute che credo sia tipico per chiunque viva a Budapest, che sappia l'ungherese o meno:
"Szupershopkartya?"
"Nincen!"
Ho avuto la tentazione di farmi quella cacchio di carta fedeltà dello Spar pur non desiderando le pentole in legno massello che puoi vincere con i punti ed essendo contraria alle tessere fidelity. Ho pensato sul serio di farla solo per parargliela davanti mentre la spesa scorre sul rullo, evitando quella domanda la cui risposta da parte vostra "no, non ce l'ho" vi procurerà un immancabile sguardo di disapprovazione. E di sdegno.

Commenti

  1. che bello leggerti!!!! baci, martina
    ps io ho un fruttivendolo gentilissimo che mi scambia le monete!!!

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  2. Un saluto dal Bistrò del Tempo Ritrovato

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  3. Ma che piacere! Un saluto da Budapest al bar (libreria-ristorante) più bello di Milano!
    Claudia

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