Eppure qualcosa mi manca.
Cedo, ma solo perché tanto non legge nessuno: ci sono momenti in cui ho nostalgia di Milano. Va bene, ho esagerato. So che non ci tornerei nemmeno avessi perso nove dita e potessi ritrovarle incollate alle mie mani sono nel capoluogo lombardo, ma sono un essere umano anche io e dopo aver lasciato qualcosa tendo a ricoprirla nella memoria con un'eterea nuvoletta del colore dello zucchero filato e a percepire un'atmosfera dolce e romantica quando ci ripenso. Poi comunque io a Milano ci vado spesso e mi bastano quindici secondi sulle Ferrovie Nord o in metropolitana per ricordarmi che se non è poi tanto male è solo perché ci sono posti peggiori e qui mi fermo prima di offendere qualcuno di Roma.
Quando vivevo a Milano facevo più barchette di carta, questo sì. I volantini li distribuiscono anche a Budapest, intendiamoci, ma non arrivano a infilarteli in borsa o ad approfittare di uno sbadiglio non coperto per infilarteli nel cavo orale contro la tua volontà, quindi, se a Budapest ne ricevo uno al giorno, in media, a Milano potevo arrivare a 365, uno per ogni giorno dell'anno ma da moltiplicare per 365: fanno 365 volantini al giorno per tutti i giorni dell'anno. Sì, qualcuno li distribuisce perfino a Natale. No, lo ammetto, nessuno li distribuisce a Ferragosto, a meno di non consegnarseli da solo e a costo della vita, sopportando i cinquanta gradi all'ombra dei grattacieli del quartiere Garibaldi. Il quartiere Garibaldi, ah quanto penso che sia il posto più brutto del mondo dopo certe zone dell'area metropolitana di Firenze e ah, quanto non sono d'accordo con chi dice che è bello, moderno, un successo. Milano: le sue novemilaottocentotre gelaterie e, fatemelo dire, nemmeno un gelato degno di essere definito delizioso. Si vantano tanto, scelgono nomi tronfi, ricchi di aggettivi e superlativi, ma non valgono un assaggio di quello che puoi trovare a Siena, per fare un esempio senza scomodare le mie origini toscane. In effetti non mangio più tanto spesso il gelato e comunque chissenefrega, ma sono cose di cui è bello parlare. Vi parlerei di diete, se solo ne avessi mai fatta una: trovo che siano un argomento di conversazione inesauribile, da farne un paio solo per attaccare bottone. Io i bottoni non li riattacco e parlo poco, con la gente intendo, quindi anche di questo mi importa poco. A farmi riflettere non è solo lo specchio gigante che mi ha rifilato la vicina di casa in cambio di quel mobiletto che vedeva nel mio ingresso quando entravo e le ricordava il suo primo marito, che spero non assomigliasse a una cassettiera, mi fa riflettere anche la constatazione di non essere mai andata a Milano per oltre vent'anni (non si direbbe ma pare ne abbia più di venti) e di esserci volata 13 volte solo nell'ultimo anno, oltre ad averci vissuto un po'. (notare che questo 13 non è il solito numero sparato a caso come va di moda fare nei nostri tempi, tendenza che seguo rallegrandomi delle risate che talvolta provocano tali iperboli quasi come se avessi un merito nell'invenzione della spiritosaggine: sono andata 13 volte per davvero).
Beh insomma mi capita di sentire nostalgia, ripensare atmosfere, leggere notizie. Poi mi ricordo che per uscire la sera dovevi andare al supermercato a prenderti la birra per poi vagare in giro per i parchi e i viali con la tua compagnia sottopagata o disoccupata del momento finché una forza dell'ordine a scelta ti costringeva a buttare la birra perché è proibito girare dopo una certa con la bottiglia in mano. Mi viene in mente che se piove alla fine decidevamo di non uscire, visto che i locali non ce li potevamo permettere. Rammento che quando decidevamo di pagare e andare in un posto a costo di mangiare solo cracker per una settimana per compensare la spesa poi ce ne pentivamo per la spocchiosaggine degli incontri che facevamo. Cullata dal dolce ricordo della bella Milano, dove non manca niente e puoi avere un tubo, chiudo il computer e vado a farmi una Dreher al Szimpla.
Cedo, ma solo perché tanto non legge nessuno: ci sono momenti in cui ho nostalgia di Milano. Va bene, ho esagerato. So che non ci tornerei nemmeno avessi perso nove dita e potessi ritrovarle incollate alle mie mani sono nel capoluogo lombardo, ma sono un essere umano anche io e dopo aver lasciato qualcosa tendo a ricoprirla nella memoria con un'eterea nuvoletta del colore dello zucchero filato e a percepire un'atmosfera dolce e romantica quando ci ripenso. Poi comunque io a Milano ci vado spesso e mi bastano quindici secondi sulle Ferrovie Nord o in metropolitana per ricordarmi che se non è poi tanto male è solo perché ci sono posti peggiori e qui mi fermo prima di offendere qualcuno di Roma.
Quando vivevo a Milano facevo più barchette di carta, questo sì. I volantini li distribuiscono anche a Budapest, intendiamoci, ma non arrivano a infilarteli in borsa o ad approfittare di uno sbadiglio non coperto per infilarteli nel cavo orale contro la tua volontà, quindi, se a Budapest ne ricevo uno al giorno, in media, a Milano potevo arrivare a 365, uno per ogni giorno dell'anno ma da moltiplicare per 365: fanno 365 volantini al giorno per tutti i giorni dell'anno. Sì, qualcuno li distribuisce perfino a Natale. No, lo ammetto, nessuno li distribuisce a Ferragosto, a meno di non consegnarseli da solo e a costo della vita, sopportando i cinquanta gradi all'ombra dei grattacieli del quartiere Garibaldi. Il quartiere Garibaldi, ah quanto penso che sia il posto più brutto del mondo dopo certe zone dell'area metropolitana di Firenze e ah, quanto non sono d'accordo con chi dice che è bello, moderno, un successo. Milano: le sue novemilaottocentotre gelaterie e, fatemelo dire, nemmeno un gelato degno di essere definito delizioso. Si vantano tanto, scelgono nomi tronfi, ricchi di aggettivi e superlativi, ma non valgono un assaggio di quello che puoi trovare a Siena, per fare un esempio senza scomodare le mie origini toscane. In effetti non mangio più tanto spesso il gelato e comunque chissenefrega, ma sono cose di cui è bello parlare. Vi parlerei di diete, se solo ne avessi mai fatta una: trovo che siano un argomento di conversazione inesauribile, da farne un paio solo per attaccare bottone. Io i bottoni non li riattacco e parlo poco, con la gente intendo, quindi anche di questo mi importa poco. A farmi riflettere non è solo lo specchio gigante che mi ha rifilato la vicina di casa in cambio di quel mobiletto che vedeva nel mio ingresso quando entravo e le ricordava il suo primo marito, che spero non assomigliasse a una cassettiera, mi fa riflettere anche la constatazione di non essere mai andata a Milano per oltre vent'anni (non si direbbe ma pare ne abbia più di venti) e di esserci volata 13 volte solo nell'ultimo anno, oltre ad averci vissuto un po'. (notare che questo 13 non è il solito numero sparato a caso come va di moda fare nei nostri tempi, tendenza che seguo rallegrandomi delle risate che talvolta provocano tali iperboli quasi come se avessi un merito nell'invenzione della spiritosaggine: sono andata 13 volte per davvero).
Beh insomma mi capita di sentire nostalgia, ripensare atmosfere, leggere notizie. Poi mi ricordo che per uscire la sera dovevi andare al supermercato a prenderti la birra per poi vagare in giro per i parchi e i viali con la tua compagnia sottopagata o disoccupata del momento finché una forza dell'ordine a scelta ti costringeva a buttare la birra perché è proibito girare dopo una certa con la bottiglia in mano. Mi viene in mente che se piove alla fine decidevamo di non uscire, visto che i locali non ce li potevamo permettere. Rammento che quando decidevamo di pagare e andare in un posto a costo di mangiare solo cracker per una settimana per compensare la spesa poi ce ne pentivamo per la spocchiosaggine degli incontri che facevamo. Cullata dal dolce ricordo della bella Milano, dove non manca niente e puoi avere un tubo, chiudo il computer e vado a farmi una Dreher al Szimpla.
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