Ricordo sempre con piacere il periodo in cui ho frequentato delle lezioni di Yoga. Medito spesso di riprendere ad andarci, avevano il grosso pregio di farmi concentrare in un'unica ora settimanale tutta la rabbia accumulata nei giorni precedenti.
Senti il tuo corpo, esortava l'insegnante che non conosceva l'uso delle scarpe. Eccome se lo sento, pensavo io, tutta un ribollire di voglia di muovermi, di colpire in faccia qualcuno, di urlare nel silenzio innaturale di quel locale, di esclamare che è maleducazione stare scalzi in una stanza piccola in tanti, non è igienico. Rischiò la pelle, quella bella epidermide abbronzata al sole dell'India dove gli insegnanti di discipline orientali vanno insieme ai vegani, agli ascetici e alle femministe, tutte varianti dello stesso tema, mancano solo gli studenti di sinistra, anzi a pensarci meglio ci vanno anche loro, di solito, e tornano ché i loro volti smagriti dalle droghe sembrano asciugati dal digiuno imposto dalle Indie, mentre no, si sono solo fatti una ventina di canne dopo l'atterraggio, altre prima e con costanza qualche decina durante la permanenza. Quando mi venne a dire che dovevo togliere i calzini, perché yoga si fa a piedi nudi, per poco non le andai addosso con la testa finendole contro il cranio e spostandola fino allo spigolo di marmo della statua di uomo pensante, anch'esso scalzo, posta a decoro ignobile di quell'aula dall'afrore primordiale, mossa che, aldilà degli intenti, sarebbe stata interamente voluta.
Se mia madre telefonandomi alla sera, apprendeva che ero appena uscita da yoga, riattaccava all'istante, azzardandosi solo a dire che stava bene e mi avrebbe richiamata nel fine settimana, per non rischiare l'esplosione rabbiosa che aveva già subito a seguito delle mie prime lezioni di quella che molti definiscono una disciplina rilassante.
Si', il mio proposito per il 2014 e' di concedermi qualche ora di accumulo di rabbia a pagamento.
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