Erano
passate da poco le cinque ma era già giorno, essendo ancora autunno, e
il chiarore si spandeva sulla condensa notturna colata sopra le stradine
del centro di Siena, dove camminavo di buon passo, di buon passo lo
aggiungo per lasciare ai lettori il tempo di sospirare al nome della
cittadina toscana, mentre questo altro inciso serve a dare qualche
secondo di fiato preparatorio in vista del grande
sospiro che seguirà la menzione di Piazza del Campo, accidenti me la
sono bruciata prima di arrivarci. Attraversai piazza del Campo (fate
quello che dovete) e pensai che dopotutto alla Torre del Mangia, si
chiama così, preferisco quella di Palazzo Vecchio a Firenze, anche se
"l'è più bassa", ma entrambe non posso fare a meno di guardarle e lunghe
sono le teorie su questo interesse inevitabile per l'occhio, purtroppo
inopportune da citare in questa sede. Uno sbadiglio mi fece considerare
che forse avrei potuto aspettare mezzogiorno a lasciarlo, non c'era
ragione di troncare di sera, sapendo che poi, finita la festa Erasmus
dove mi ero imbucata con un'amica, avrei dovuto prendere la corriera
delle cinque e cinquanta per Firenze, che bel termine corriera mi fa
sempre ridere. Lo ammetto, non ricordo a che ora parte la prima corsa da
Siena a Firenze, ma di sicuro prima delle sei: facciamo le cinque e
cinquanta, tanto nessuno che conosco, credo, deve prenderla domani.
Avevamo rotto abbastanza male, verso le dieci, fuori da un locale per
aperitivi, dopo dodici rum e pera. In fondo anche io stavo antipatica a
lui, lo sapevo. Un po' va bene, ma dopo undici* mesi di semi-convivenza o
avete tutti e due l'amante o vi sta sui coglioni persino il modo in cui
l'altro ripone lo spazzolino. E lui lo spazzolino lo metteva, grondante
di dentifricio, sopra alla pila di giornali e libri che tenevo sul
mobiletto. Insomma, quando è l'ora è l'ora, avevo sintetizzato in modo
forse un poco frettoloso e lui l'aveva presa benissimo. "Aspettami qui,
torno tra dieci minuti." ed era salito in casa sua. Salito non perché
stava al piano sopra il locale, ma perché a Siena si sale sempre, ci
sono solo salite e, paradossale ma vero, mai discese, da fare. In quel
lasso di tempo mi ero pentita. Nelle stesse ore, in una città italiana
non troppo lontana, si consumava uno di quei delitti diventati
tristemente noti negli ultimi anni, lo avrei appreso il giorno seguente
dalla copia di "LEGGO" sfogliata in cerca del cruciverba per tenermi
sveglia durante una lezione di Sociologia delle Piastrelle, in facoltà.
Simone non era stato forse il mio primo vero amore? No, cavolo stavo
pensando, non lo era stato, ma lo avevo amato. Il dubbio di aver fatto
uno grosso sbaglio svanì quando si ripresentò carico di effetti
personali che, disse, avevo disseminato nel suo appartamento le rare
volte che mi ero degnata di passare io da Siena (di solito stavamo da
me, a Firenze) e rinvenni diversi, davvero molti, oggetti femminili mai
visti prima, tutti piuttosto intimi.
* i numeri, sia chiaro, io li metto sempre a caso, il che mi incasina non poco le telefonate. A caso, ma con una certa armonia: verso le dieci, dodici rum e pera, undici mesi di convivenza. Giocare troppo a scala quaranta in età preadolescianziale ha seri effetti celebrali.
* i numeri, sia chiaro, io li metto sempre a caso, il che mi incasina non poco le telefonate. A caso, ma con una certa armonia: verso le dieci, dodici rum e pera, undici mesi di convivenza. Giocare troppo a scala quaranta in età preadolescianziale ha seri effetti celebrali.
"i numeri, sia chiaro, io li metto sempre a caso, il che mi incasina non poco le telefonate. A caso, ma con una certa armonia: verso le dieci, dodici rum e pera, undici mesi di convivenza. Giocare troppo a scala quaranta in età preadolescianziale ha seri effetti celebrali"
RispondiEliminaGli incisi: ecco cosa mi ucciderà. Oppure gli incisivi, in caso di colluttazione con un lupo, ma a questo punto mi pare più probabile l'intervento di un luccioperca gigante e un po' anfibio che si aggira per la città. O di un anfibio, ciao Paolo.
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