Passa ai contenuti principali

Qualcosa non va, cara?

Pare non sia sempre colpa delle città, quando senti che qualcosa non va. Lo dicevo l'altro giorno a Rognone, un amico mio sempre un po' melanconico. Nella vita ci sono talmente tanti aspetti da valutare, ovunque tu sia, che ci saranno sempre delle cose che vanno bene e altre che vanno male o che non vanno affatto. 

Anche se vivessimo in un palazzo d’oro, tra stanze senza pareti,  separate invece da veri alberi con i rami e tutto, le cui sale conciliano la bellezza del mare e la frescura dei boschi di montagna. Pure se a colazione, nella nostra dimora dorata, ci dessero il miglior caffè brasiliano, un brasiliano (ma che scrivo) e una ciotola di fragole cresciute al sole e se in aggiunta dormissimo tra lenzuola di seta leggera sempre fresche di bucato, se sotto casa nostra ci fossero il mare, un lago, un fiume e un'Esselunga: uno per nuotare, l’altro per incanalare la malinconia, il terzo per abbellire la tenuta nel complesso o corrervi vicino, l'ultima perché va bene l'acqua ma dove cavolo la fai la spesa se abiti un castello?* E ancora se ogni sera ricevessimo i giovani più simpatici e di miglior aspetto che si possano immaginare, vivendo di divertimenti sempre maggiori; se godessimo del lusso di svolgere un mestiere che ci rende orgogliosi di noi stessi, se affogassimo nella gratificazione e se dal nostro lavoro vedessimo crescere buoni frutti. 

"Hai finito?" mi ha chiesto Rognone, capacità di ascolto di un merluzzo alla livornese.
No.
Anche se riuscissimo a far del bene e a sentirci parte del mondo e in armonia con gli altri, persino se amassimo essendo riamati da un compagno che è felice di avere intorno quel gruppo di giovanotti sempre diversi di cui dicevamo qualche rigo fa più il brasiliano della colazione; anche con tutto queste cose, non saremmo del tutto soddisfatti. 
Probabilmente svilupperemmo un’allergia all’oro che riveste la nostra abitazione o ci mancherebbe la solitudine, oppure ci sarebbe un’altra persona fortunata, che chiamerò Altea, domiciliata a un chilometro di distanza, dovrà avrà tutto quello che abbiamo noi ma in più anche un abito di straordinaria fattura, ricamato da uno stilista che ha fatto solo quello e poi è morto e quindi non farà mai un vestito simile anche a noi e saremo per sempre invidiosi e colmi di rabbia. La rabbia è una brutta bestia: si vive male, ad essere sempre arrabbiati col mondo.  

Come vedi, ho detto a Rognone, non esiste un modo per stare senza che ci sia qualcosa che non va: le cose vanno o non vanno e nella nostra vita ci serve che alcune cose non vadano, perché se andassero tutte non ci rimarrebbe nulla da fare. E anche per ragioni di traffico: se andassero tutte, sai che traffico, che poi mica vanno una da una parte una dall’altra, no, vanno tutte al mare dove la spiaggia è più bella e lo stabilimento tiene i gelati dell’Algebra. 
Ci deve sempre essere qualcosa che non va.
“Qualcosa non va cara?”
“Sì.”
“Bene. Andiamo, ci aspettano per le otto. Ah, levati quel pastrocchio dalla faccia, stai malissimo.”
“Ma ci ho messo mezz’ora a truccarmi così!”
“Credo invece  che a togliere tutto sarai velocissima, non è vero?”

Qualcosa che non va c’è sempre, ma te ne accorgi solo quando hai troppo spazio libero nella testa, di solito pensi ad altro.

*mi permetto di pubblicizzare l'Essestorta solo perché esiste davvero l'Esselunga Sottocasa, che stava bene nel discorso e comunque mi è venuta in mente. Giammai mi permetterei di dire che preferisco tale supermercato ad altri. O meglio, lo farei, ma tanto vivo all'estero e i miei punti Fragola me li sono attaccati tutti sulle collant, ogni volta che le buco.

Commenti

Post popolari in questo blog

I figli e i nipoti di "Papa" Hemingway

A volte mentre leggo i capolavori dei grandi del secolo scorso, mi chiedo come se la passi la loro progenie. Certi talenti potrebbero anche essere genetici e forse un giorno ci troveremo tra le mani un bel romanzo di avventura firmato dal pronipote di Bulgakov o vedremo in classifica i nomi Kipling e Orwell . Di nuovo. Del resto, se fossi la discendente di Juri Gagarin, m’interesserei di astronomia e se invece tra miei avi ci fosse stato, mettiamo, Temistocle , non avrei accantonato la matematica alle prime difficoltà liceali. La storia familiare può anche non influenzarci, ma tende a farlo quando i nomi che ci hanno preceduto sono altisonanti. Per questo mi è sembrata un’idea carina quella di fare una piccola ricerca sugli eredi degli scrittori più amati del secolo breve (che, lo ricordo per chi non lo sapesse, fu chiamato così guardando alle svolte epocali della storia, ritenendo che l’Ottocento fosse il secolo lungo in quanto è iniziato nel 1789 con la Rivoluzione Franc

COME DISEGNARE UN CERCHIO COL COMPASSO

Vorrei saper disegnare. Vorrei saper disegnare qualcosa di più di un cerchio col compasso. Non nel senso che vorrei imparare a disegnarci i quadrati e nemmeno le peonie o la caricatura di Dante, con il compasso. Anzi, per essere precisi non vorrei imparare, vorrei proprio saper disegnare, punto. Anzi, non punto: saper disegnare….qualcosa di più di un cerchio con il compasso. Sia chiaro, non che io aspiri a disegnare dei tondi felici mentre scorrazzano con i loro compassi al guinzaglio, anche se in questo ci vedo un parallelo con il nostro ammaestrare la natura che ci ha creato, o dio. Oddio, ma di che parlo. Vorrei essere capace di disegnare, ma non un cerchio perfetto, da volteggio di compasso. E nemmeno vorrei essere capace di disegnare un cerchio perfetto senza compasso, perché allora mi direbbero: "di cognome fai Giotto!". Se mi chiamassi Giotto di cognome, però, il mio nome sarebbe "Uhm", che è come di solito chiamiamo Giotto, se interpellati sul suo nome d

Mi hai rovinato la vita!

"Buonasera" si fa per dire: tira burrasca, se questo scassabarattoli bussa a mezzanotte e venti. "La lavatrice. Ci da fastidio." "Innegabile." "A quest'ora non si può fare questo rumore con la lavatrice." "Se le dicessi che invece sto dando una festa andrebbe bene?" "Ti ho detto altre volte che non si..." "Non si devono fare le feste. Certo, ricordo. Ma se proprio accadesse tanto varrebbe che avviassi una lavatrice, no? Tanto fracasso per fracasso..." "Spegni la lavatrice, d'accordo?" "Volentieri. Le dò una tinozza allora." "Come?" "Così li porta giù e me li finisce di lavare lei." "Nella mia lavatrice?" "Se le dà noia la mia figuriamoci la sua: no, genio, dicevo a mano! Ah, importante: il vestito nero prima di tutto, che se non s'asciuga entro domani non posso partire. A meno che non me ne dia un altro lei, ma mi pare non sia il suo stile."