Ieri è venuto a trovarmi Martino. La prima cosa che ho pensato è che non lo vedevo da tanto, almeno due giorni, così gli ho detto: "Come sei cresciuto sembra ieri che eri uguale ma più basso!".
Martino è quello che si può considerare un vero amico, nel senso più classico del sostantivo: un buono a nulla tutto cuore e poco cervello che, generoso nell'elargire consigli terribili e mai richiesti, si sente autorizzato a fare come a casa sua anche quando gli dici di starsene fermo nell’ingresso due minuti perché vorresti far uscire dalla finestra sua moglie che ti fai di nascosto. Martino, per completare il quadro, ti dice che i capelli ti stavano bene lunghi solo quando ormai li hai tagliati a zero (salvo averti esortato a lanciarti in un cambiamento radicale, la sera prima, dopo l’ottava pinta). Si sa, gli amici capitano, come tutto, in genere. Pensi di aver scelto una camicia, ma in realtà te la sei solo trovata davanti nel momento in cui eri propenso all’acquisto. Così succede per qualsiasi cosa, anche ai maniaci delle spese studiate, quelli che per comprare uno spolverino confrontano i prezzi su diciotto siti differenti e alla fine optano per una consegna transoceanica pur di assicurarsi il miglior prodotto in circolazione e quindi un indubbio risparmio basato sulla qualità dal valore ben superiore agli ottocento euro di spese di spedizione. Martino me lo sono ritrovato tra i piedi ai tempi del ricongiungimento, una sbatta che ci hanno costretto a fare quando i ferrotranvieri sono passati di moda e abbiamo dovuto diventare tutti guidatori di macchine da formula uno omologate per quaranta. Ci prendono sempre per dei Matusalemme, quando ne parliamo in pubblico, ma io e Martino guidavamo i tram, una vita fa. Oggi che non facciamo più niente, a parte qualche scaramuccia per ingannare il tempo e un poco di patetico sesso con la pillola blu e le donne dei nostri amici, ci siamo trovati dei buoni palliativi per non sentirci inutili. Quello di Martino è la sua collezione di martelli. L’altro giorno è passato da me appunto per chiedermi se gli regalavo il mio, osservando che ne avevo comprato uno nuovo, se il ferramenta non gli aveva rifilato una balla. L’informazione era corretta e non mi sono stupito che gli fosse arrivata tanto in fretta perché Martino è abile nel tenersi sempre ben informato e nel non trascurare nemmeno i negozi più piccoli e i mercatini, durante la sua ronda mattutina in cerca di martelli usati.
“Bello, bello” ha fatto, quando gli ho mostrato il mio ultimo acquisto. Informarsi si informa, ma resta intelligente come uno che si mette a far collezionare martelli, per cui non si è chiesto come mai uno che non ha nessuna velleità da falegname dovrebbe procurarsi un martello supplementare e nemmeno ha collegato il fatto con la sua visita a casa mia di un mese fa, quando per l’appunto mi ha convinto a cedere il mio fidato martello alla galleria Martino Martelli, come chiamo la sua incomprensibile raccolta di attacca-quadri. Così mi ha guardato con quegli occhietti furbi, che riserva agli affari, e mi ha chiesto se gli cedo il vecchio martello, in cambio può portarmi uno spezza frutta. Volentieri, dico io, non desideravo altro, ma il mio vecchio martello non si può avere, fa parte di un museo di martelli, nella terra degli attrezzi. “Vuoi dire che…” ha cominciato lui, con tono interrogativo e il volto terrorizzato. “Sì.” confermo io. “Peccato, era un elemento davvero valido, poteva dare ancora tanto. Che riposi in pace.” ha detto, grave. Per consolarlo gli ho offerto un pezzo di torta all’acido lattico, poi l’ho accompagnato alla porta, accorgendomi per la prima volta che è di un bel rosso vermiglio.
Come tutti i migliori amici, Martino ha la memoria di uno che batte la testa tutte le mattine su uno scaffale posto sopra il letto. Vent’anni che gli dico di spostarlo, tra l’altro.
Martino è quello che si può considerare un vero amico, nel senso più classico del sostantivo: un buono a nulla tutto cuore e poco cervello che, generoso nell'elargire consigli terribili e mai richiesti, si sente autorizzato a fare come a casa sua anche quando gli dici di starsene fermo nell’ingresso due minuti perché vorresti far uscire dalla finestra sua moglie che ti fai di nascosto. Martino, per completare il quadro, ti dice che i capelli ti stavano bene lunghi solo quando ormai li hai tagliati a zero (salvo averti esortato a lanciarti in un cambiamento radicale, la sera prima, dopo l’ottava pinta). Si sa, gli amici capitano, come tutto, in genere. Pensi di aver scelto una camicia, ma in realtà te la sei solo trovata davanti nel momento in cui eri propenso all’acquisto. Così succede per qualsiasi cosa, anche ai maniaci delle spese studiate, quelli che per comprare uno spolverino confrontano i prezzi su diciotto siti differenti e alla fine optano per una consegna transoceanica pur di assicurarsi il miglior prodotto in circolazione e quindi un indubbio risparmio basato sulla qualità dal valore ben superiore agli ottocento euro di spese di spedizione. Martino me lo sono ritrovato tra i piedi ai tempi del ricongiungimento, una sbatta che ci hanno costretto a fare quando i ferrotranvieri sono passati di moda e abbiamo dovuto diventare tutti guidatori di macchine da formula uno omologate per quaranta. Ci prendono sempre per dei Matusalemme, quando ne parliamo in pubblico, ma io e Martino guidavamo i tram, una vita fa. Oggi che non facciamo più niente, a parte qualche scaramuccia per ingannare il tempo e un poco di patetico sesso con la pillola blu e le donne dei nostri amici, ci siamo trovati dei buoni palliativi per non sentirci inutili. Quello di Martino è la sua collezione di martelli. L’altro giorno è passato da me appunto per chiedermi se gli regalavo il mio, osservando che ne avevo comprato uno nuovo, se il ferramenta non gli aveva rifilato una balla. L’informazione era corretta e non mi sono stupito che gli fosse arrivata tanto in fretta perché Martino è abile nel tenersi sempre ben informato e nel non trascurare nemmeno i negozi più piccoli e i mercatini, durante la sua ronda mattutina in cerca di martelli usati.
“Bello, bello” ha fatto, quando gli ho mostrato il mio ultimo acquisto. Informarsi si informa, ma resta intelligente come uno che si mette a far collezionare martelli, per cui non si è chiesto come mai uno che non ha nessuna velleità da falegname dovrebbe procurarsi un martello supplementare e nemmeno ha collegato il fatto con la sua visita a casa mia di un mese fa, quando per l’appunto mi ha convinto a cedere il mio fidato martello alla galleria Martino Martelli, come chiamo la sua incomprensibile raccolta di attacca-quadri. Così mi ha guardato con quegli occhietti furbi, che riserva agli affari, e mi ha chiesto se gli cedo il vecchio martello, in cambio può portarmi uno spezza frutta. Volentieri, dico io, non desideravo altro, ma il mio vecchio martello non si può avere, fa parte di un museo di martelli, nella terra degli attrezzi. “Vuoi dire che…” ha cominciato lui, con tono interrogativo e il volto terrorizzato. “Sì.” confermo io. “Peccato, era un elemento davvero valido, poteva dare ancora tanto. Che riposi in pace.” ha detto, grave. Per consolarlo gli ho offerto un pezzo di torta all’acido lattico, poi l’ho accompagnato alla porta, accorgendomi per la prima volta che è di un bel rosso vermiglio.
Come tutti i migliori amici, Martino ha la memoria di uno che batte la testa tutte le mattine su uno scaffale posto sopra il letto. Vent’anni che gli dico di spostarlo, tra l’altro.
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