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Day 9: Dreaming an amnesia

Giorno 9: sarebbe bello svegliarsi con un'amnesia, non ricordarsi di com'era la vita prima che arrivasse questa piaga d'Egitto. Oggi ho fatto yoga in diretta con lo studio dove sono iscritta a Budapest, chiusa nel guardaroba dei miei per simulare la temperatura aumentata a cui si pratica il Bikram, la disciplina che seguo. Dalla parete tra gli armadi mi sorridono i miei genitori il giorno del loro sposalizio, in una foto talmente scura che la chioma riccia della mamma diventa un tutt'uno con lo sfondo, un effetto che trovavamo molto divertente io e mio fratello (quattrenni entrambi nelle foto sottostanti, tra l'altro). Le lezioni sono come delle messe cantate, l'insegnante parla senza sosta ripetendo sempre lo stesso testo, 90 minuti per volta. Sentendo questa litania in ungherese, mio padre ha detto a mia madre "Sapevo che sarebbe successo. La bambina è impazzita del tutto". Avrei detto lo stesso al posto suo. Sono uscita per lavorare...sul balcone, seduta sulla seggiolina di legno rossa fatta a mano dal mio padrino quando sono nata. Oltre ad abbronzarmi, ho notato il passeggiare apparentemente inutile di un paio di quei vicini tanto solerti nel riprendermi quando vado a gettare i rifiuti o a fare la spesa. Intrattenevano pure conversazione coi passanti, avvicinandosi agli stessi. Chi non predica non rosica. Ehm, predica male che risica bene. Comunque, state in casa, per Tritone!
Oltre ai lavori di revisione e traduzione, tra mattina e sera ho fatto forse troppi circuiti di allenamento, ma d'altronde non si può camminare. Alle 21 mi sono sparata una terza sessione. Mio padre è passato a vedermi (in camera) e ha notato i vocabolari sulla scrivania, ho colto uno sguardo di approvazione. Li uso per fare i tricipiti, ma non glielo fate sapere. Rosa, rosarum, rosatom, rosis. A cena ho mangiato la cipolla, tanto non incontrerò nessuno nei 10 giorni che ci vorranno a depurare il mio alito e comunque la fiatella è un metodo certificato per favorire il rispetto della distanza di sicurezza.

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