Oggi è il 23 ottobre e mentre l'Italia si riempie di traffico a causa dello sciopero dei trasporti, anche in Ungheria si lavora meno perché si celebra una festa nazionale, la ricorrenza dell'inizio della rivoluzione ungherese del 1956. L'Ungheria, in questo giorno, si ribellò all'Unione Sovietica con una rivolta spontanea e pacifica, trasformata in sanguinosa guerriglia dall'intervento dei carri armati russi. L'Ungheria è un paese abituato alle dominazioni, che ha subito la presenza di tanti popoli, tra cui Romani e Unni, prima che i magiari si insediassero nei suoi territori, circa nel IX secolo. L'invasione turca ha provocato la perdita di molti territori, l'annessione all'impero asburgico ha limitato l'autonomia per secoli. Con la prima guerra mondiale l'impero si è dissolto, ma l'Ungheria ha dovuto subire l'invasione dei tedeschi, al fianco dei quali era entrata nella seconda guerra mondiale. Il secondo dopoguerra l'ha vista diventare un paese socialista, integrato nell'orbita dell'Unione Sovietica fino al 1989. Un paese all'avanguardia, che nel '56 si è ribellato e nell'89 ha aperto per primo un varco in quella che fu chiamata da Churchill "cortina di ferro", il confine di filo spinato che divideva l'occidente dall'oriente. La rivolta del '56 è andata avanti fino all'11 novembre e per avere un'idea dei danni che ha inferto alla popolazione (25.000 ungheresi persero la vita) basta recarsi al cimitero Kerepesi di Budapest. Su delle grandi lapidi sono elencati i nomi dei caduti, con a fianco gli anni di nascita e la loro professione. La conoscenza di qualche parola di ungherese, o una guida che vi faccia da traduttore, vi farà osservare quanti siano tra questi gli studenti. Impossibile non pensare a cosa sarebbe adesso l'Ungheria se quei ragazzi avessero potuto diventare adulti. Forse tra loro c'era qualche genio, che avrebbe inventato qualcosa di importante per il mondo. Oppure un grande scrittore, le cui opere sarebbero state rese uniche da questa esperienza e dal suo coraggio. Se solo non si fosse risposto con gli spari ad una rivolta non violenta. Per capirla un po' meglio vi consiglio il libro "Sotto il culo della rana . In fondo ad una miniera di carbone" di Tibor Fisher.
La storia di un gruppo di giovani giocatori di pallacanestro ungheresi vi accompagnerà fino a quei tragici giorni e vi farà capire quanto fosse urgente per quel popolo rivoltarsi. Soprattutto per i giovani, che per loro natura non possono che stufarsi della monotonia della dittatura. E sognare la fuga. Oppure provare a cambiare il luogo in cui vivono, a costo delle loro stesse vite.
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