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Visualizzazione dei post da 2013

Tartacronaca nr.22 - A cosa serve lo YOGA

Ricordo sempre con piacere il periodo in cui ho frequentato delle lezioni di Yoga. Medito spesso di riprendere ad andarci, avevano il grosso pregio di farmi concentrare in un'unica ora settimanale tutta la rabbia accumulata nei giorni precedenti. Senti il tuo corpo , esortava l'insegnante che non conosceva l'uso delle scarpe. Eccome se lo sento, pensavo io, tutta un ribollire di voglia di muovermi, di colpire in faccia qualcuno, di urlare nel silenzio innaturale di quel locale, di esclamare che è maleducazione stare scalzi in una stanza piccola in tanti, non è igienico. Rischiò la pelle, quella bella epidermide abbronzata al sole dell'India dove gli insegnanti di discipline orientali vanno insieme ai vegani, agli ascetici e alle femministe, tutte varianti dello stesso tema, mancano solo gli studenti di sinistra, anzi a pensarci meglio ci vanno anche loro, di solito, e tornano ché i loro volti smagriti dalle droghe sembrano asciugati dal digiuno imposto dalle Indie,

Bilancio di una tartagiornata di viaggio

Oggi ho (o mi sono): - digitato un numero di partita iva al posto di un numero di telefono; - passato un cinquantottesimo della giornata a dividere in 58 parti tutti i quadrati che ho visto; - scritto una frase solo per attirare l'attenzione di una persona; - pentita di aver attirato l'attenzione di quella persona quando l'hostess mi ha spiegato che dovrò pagare i danni alla compagnia aerea per av er imbrattato un sedile; - fatto delle mie braccia quello che un cucciolo di gatto fa di un paio di collant; - fatto alle collant quello che ho fatto alle mie braccia imitando quello che un gatto farebbe con le collant; - rotto la valigia del tutto; - portato la valigia sollevandola per chilometri e chilometri o comunque abbastanza da stancarmi, non essendomi coricata, ieri; - dormito durante una lezione, " " " "; - usato dei punti e virgola senza timore di sbagliare a collocarli. Registro, inoltre, la solita rabb

E dopo che è finito l'infinito che si fa?

Questo mese, anzi, il mese scorso, e questo post fa ben sperare se già mi sono contraddetta da sola dopo tre parole e due virgole, il mese scorso ho deciso di fare una di quelle cose che puoi raccontare quando ti chiedono cosa hai fatto di bello ad agosto. No, non parlo di vacanze, quelle non le racconti, le ostenti rispolverando una macchina fotografica anti- digitalizzazione totale (il cataclisma artificiale che negli ultimi due decenni ha colpito tutto, persino le lavatrici che ora vantano display LCD retroilluminati che ti fanno finanche le faccine, anche se tuttora non ti avvertono se metti un calzino rosso nel bucato bianco) e scattando, con quel vecchio ma affidabile congegno, milioni di bellissime diapositive* da somministrare a un gruppo di amici che hanno ingenuamente accettato un invito a casa per cena, ormai dimentichi della vecchia regola "mai accettare gli inviti a cena a casa di amici nel mese di settembre o comunque dopo che sono stati in viaggio", in dis

Tartacronaca Nr.21: come fare una torta d'emergenza (costo: *, tempo di preparazione: quanto vuoi)

 Tradizione forse diffusa oltre all'ufficio dove lavoro io, vuole che il giorno del suo compleanno il festeggiato porti dei dolci in ufficio. Oh (!), mai una grazia: nasci e aspetti il compleanno per regali e feste, tanto sei giovane e non pensi alla vecchiaia, poi cresci e oltre a veder gocciolare via adolescenza di anno in anno, devi pure fare te i dolci agli altri, ennesima prova dell'inesistenza della giustizia.  Fortuna vuole che io sia nata in quella settimana dell'anno in cui è più piacevole accendere il forno e grondare sudore tutta la notte per colpa di una ca…pitolina di torta.  Pigrizia vuole anche che in otto mesi in questa casa abbia acceso il forno solo una volta, per preparare dei biscotti che "non sono funzionati" come si direbbe in ungherese e cioè sono rimaste delle mollicce palle di colla che io e lo sfortunato cui gli avevo preparati abbiamo usato per incollare i poster alle pareti. Reggono, va detto.  Capacità di stare "sul pezz

TartaBruscoli di vera vita inventata (1)

IN BIBLIOTECA Mi piacciono molto le biblioteche, ma alla Biblioteca Emanuele Pentito (nome di fantasia) non vado volentieri. Purtroppo è l'unica abbastanza vicina al mio posto di lavoro a disporre di libri in italiano e ad ordinarne spesso di nuovi. O di vecchi, ma diversi da quelli che avevano prima di ordinarne altri. Se vi interessa saperlo io non ho un lavoro (anzi "una lavoro", come dice la mia amica immaginaria più recente), ma scelgo dei luoghi di lavoro credibili e la mattina mi vesto come una che lavora, mi reco fino alla porta del posto scelto e leggo per alcune ore. Vado a fumare con i dipendenti di quel palazzo, saluto, converso, vado alla posta e, ogni tanto, in biblioteca. In quella biblioteca che vi ho detto entro almeno due volte a settimana, ma con sommo fastidio. Le dipendenti sono gentili, anche per questo le detesto come solo si possono detestare le persone servizievoli (mi andava di mettere le parole proprio in questo ordine, se non vi piace q

Tartacronaca Nr.20: indagini telefoniche

"Buongiorno, la chiamo dall'istituto XXX per chiederle di rispondere a un'indagine a fine statistico, essendo stata selezionata come parte di un campione di 5000 persone." "Dica." "Vogliamo sapere se ritiene che gli zainetti dei suoi figli siano troppo pesanti e possano danneggiare le loro schiene." Mi prendo un momento. Respiro. Ci sono, non la manderò da nessuna parte a svernare, le risponderò come se avesse fatto una domanda degna del mio tempo. Sono pur sempre una persona educata, o perlomeno una persona. Sprizzo di umanità da tutti i pori, tranne da quelli occlusi dallo smog dei miei anni vissuti lungo l'autostrada vicino a Firenze, ove, per la cronaca, non facevo niente di quello che si vede talvolta fare nelle piazzole di sosta autostradali, ma vivevo, in una casa come tante, anzi piuttosto bella, con il portico di pietra. "Sarò lieta di rispondere al suo interessante sondaggio, signorina…?" "Matilde." "M

TARTACRONACA Nr.19: quanto mi manca Milano

Eppure qualcosa mi manca. Cedo, ma solo perché tanto non legge nessuno: ci sono momenti in cui ho nostalgia di Milano. Va bene, ho esagerato. So che non ci tornerei nemmeno avessi perso nove dita e potessi ritrovarle incollate alle mie mani sono nel capoluogo lombardo, ma sono un essere umano anche io e dopo aver lasciato qualcosa tendo a ricoprirla nella memoria con un'eterea nuvoletta del colore dello zucchero filato e a percepire un'atmosfera dolce e romantica quando ci ripenso. Poi comunque io a Milano ci vado spesso e mi bastano quindici secondi sulle Ferrovie Nord o in metropolitana per ricordarmi che se non è poi tanto male è solo perché ci sono posti peggiori e qui mi fermo prima di offendere qualcuno di Roma. Quando vivevo a Milano facevo più barchette di carta , questo sì. I volantini li distribuiscono anche a Budapest, intendiamoci, ma non arrivano a infilarteli in borsa o ad approfittare di uno sbadiglio non coperto per infilarteli nel cavo orale contro la tua vol

TARTACRONACHE D'ESTATE

Tartacronacando

Tartacronaca Nr.18: al mercato delle offese

I miracoli succedono anche a Budapest. Perché no in fondo? Vero, di solito prediligono luoghi piccoli e poco frequentati, meglio se abitati da persone poco acculturate e propense a distinguere la VM in una macchia solare bianca con leggere sfumature azzurre, ma tutti fanno delle eccezioni, anche i miracoli. I tonni, i tonni no, non decidono mai di andare a spasso fuori dall'acqua, così se mi innamorassi di un tonno non potrei nemmeno avere la consolazione di cercarlo tra la folla del venerdì sera. Stamani mi è successo un miracolo che mi ha stupito assai più di un'eventuale discesa della beata vergine Maria, degli angeli e di tutti i santi che in ogni tempo le furono…graditi (e questa storia dei santi che gradiva mi ha dato tanto da pensare quando frequentavo la chiesa, ma tanto, giuro). Ero al mercato, dove di solito mi carico di tutta la mia sicurezza per chiedere ciò che desidero portarmi in ufficio. Sfortuna vuole che il mio stomaco abbia forti limiti in fatto di fantasi

Tardi

Pensandoti diverse volte negli anni ho immaginato mentre camminavo di incontrarti,  riconoscere il tuo tra i volti senza ricordi che incontro tra i viali intasati di valigette.  All'aeroporto tra le tante lingue sentire la tua,  nuotando al largo,  scambiarci nel correre sulla pista: tu che vai verso sud,  io incontro all'estremità opposta.  Un giorno ho capito che non era vero,  avevi promesso così come si soffia su una margherita:  per gettare aria fuori  carezzare una guancia con il vento.  Smettere di credere fa bene,  i sogni son tutti spariti,  resta mica l'illusione, l'aspettativa.  Cosa succede è bene,  ché non accade non è mai stato,  nemmeno nella testa e non manca.  Alzare la testa per le vie: facile, adesso,  mi vien quasi un colpo questa mattina quando appannato vedo te.  Di chilometri tanti ne ho messi dal tuo ricordo,  non troppi, forse, eppure credevo.  Parole dove sono, vanno tutte altrove,  a

Budapest sopra ai ponti

Ponte rosso malinconico inizio di un giorno stanco per i poveri costretti al cemento. Vigore sprecato dei cani a passeggio sbadigli a chi ha dormito all'addiaccio, con la coperta anco r a tirata sul volto una maschera dalla vergogna . A p atiche attese di un treno nemico verso la condanna di sempre I mendicanti non si alza no ancora. Schiavi di abitudini libere dal progresso. Ponte verde Vite impregnate Di odorosa cannella Le lamentele la fretta I modi sgarbati i caffè la senilità. Ponte bianco tribù mescolate, rumore di accenti l'uno contro l'altro ventiquattrore svelte e tecnologia popolare sottopassaggi sporchi pianole, monetine e bugie. A pochi metri un panorama un po' rassegnato,  in cerca di un prezzo per il suo vasto splendore Ponte grigio sicurezza di leoni turisti indifferenti alle vite scorrono intralciando ricordi d'amore Il castello sorride al Parlamento, la città vecchia sorveglia quella nuova. Ponte a fre

Tartacronaca Nr.17: Budapest, AAA vetrinisti cercasi

Le vetrine ungheresi sono una meraviglia, meriterebbero un libro. Temo tuttavia che non lo leggerebbe nessuno e io sono troppo pigra per fare uno sforzo a perdere; un post è meno impegnativo e forse almeno un paio italiani che hanno vissuto a Budapest lo guarderanno (il mio migliore amico e una mia ex collega, oltre a un signore analfabeta che costringo a leggere tutto quello che scrivo, a voce alta, così posso prendere sonno mentre lui ripete "bababababababababa lllllll bababa". La elle sa leggerla, il resto lo trasforma nella sua sillaba preferita, ba). Frutto delle notti insonni di un team di designer tra i più talentuosi e modaioli, le vetrine dei negozi di Budapest puntano alla valorizzazione del tutto a scapito dell'esaltazione, e della visibilità, del singolo prodotto . Ecco allora scaffali straripanti, riempiti svuotando scatoloni interi di oggetti di varia specie, lasciandoti poi in una disposizione di finto disordine. Un'aggiunta di polvere assicura l

Tartacronaca nr.16: Lehet jönni! (disordini ordinari in un supermercato di Budapest)

Una bottiglia di rosso, due cartoni di latte al cioccolato e un litro di tè alla mora: il tipo che mi precedeva nella breve fila all'unica cassa aperta nello Spar di Nyugati alle nove e trenta di sera si preparava a una gran serata. Immaginai di chiedergli come intendesse procedere: avrebbe guastato prima il vino o la bevanda da bambini? E, tanto per sapere, prevedeva di mettere in corpo anche qualcosa di solido, oltre a quel miscuglio poco invitante? Forse aveva i figli da guardare la mattina seguente e voleva accoglierli con una colazione decente, ma in casa teneva solo i biscotti perché lui, padre divorziato da alcuni anni e discreto bevitore, il latte non lo prendeva. Nella spiegazione trovava posto anche il tè alla mora, perfetto per la merenda di metà mattinata. Quella serata solitaria, invece, l'avrebbe ammazzata col vino, che gli avrebbe dato una mano anche a tollerare il freddo inatteso di quella notte di marzo poi ricoperta da una nevicata sempre più intensa. Contin

Tartacronaca nr.15 - Decalogo per la sopravvivenza di una tartaruga in Ungheria

al mercato, cambiare banco ogni giorno: se diventi cliente fisso sei automaticamente da maltrattare e da servire con le mele peggiori e le arance ammuffite. Per una tartaruga, che si nutre di insalata e di frutta,  è un  dramma senza eguali; se vuoi ottenere piena attenzione da un interlocutore locale parla dei tuoi acciacchi, degli incubi che fai la notte o, in generale, LAMENTATI: le tartarughe magiare sono ghiotte di dettagli negativi; riconsidera il tuo modo di pronunciare la zeta, altrimenti non sarai credibile quando ordini la pizza o prendi un treno per Zalaegerszeg; se ami spostarti in fretta, procurati dei trampoli: ti serviranno in metropolitana, per poter superare le persone sulle scale mobili: stanno fermi su entrambi i lati del gradino e si spostano solo venendoti addosso, sbuffando; in caso di pioggia intensa, resta in casa. Se proprio devi uscire, non cercare riparo camminando vicino ai muri dei palazzi. Le grondaie in Ungheria non sono ancora state importate: dai

Tartacronaca Nr.14 - Dal bar: sarà l'aria purificata, ma le città mi fanno male

"Bisogna accettarla così com'è" "Brava, io la accètterei per davvero, in senso letterale!" A parte l'umorismo di dubbio gusto, quello che è avete appena letto non è uno scambio di battute da bar, ma una conversazione sentita in un bar, riportata quasi in diretta dalla sottoscritta, con una differita di appena due minuti. Erano le 10.54 e la tizia dispensatrice di filosofia spicciola da cappuccino stava facendo colazione. A Budapest, dove abito, nessuno fa colazione alle 10.54, al massimo io a lavoro, quando la faccio prima dell'ora in cui gli altri pranzano. A Budapest, per la dirla tutta, non ci sono bar nel vero senso della parola - no, non lo so quale sia questo senso. Se lo scopro ve lo dico - il caffè si beve a sedere, con calma, a tavolino e non al bancone. Quindi vi ho già fatto dedurre che non siamo a Budapest, io e il mio carapace. Resta da capire dove siamo e qui, mentre la donna di prima lascia il locale, interviene di nuovo il barista della

Tartacronaca Nr.13 - storie della finta fine del mondo e di una tartaruga all'estero

Sono una tartaruga nata non so dove, cresciuta in Italia e ora esule in Ungheria, a Budapest. Vivere all'estero vuol dire essere pronti a tutto, perfino in circostanze tranquille come quando in ufficio ti chiedono se vuoi una determinata cosa e tu non riesci ad afferrare il complemento oggetto, una parola che non  conosci ma hai già sentito mille volte e quella mattina ti hanno fatto i complimenti per i progressi che stai facendo con la lingua, sarebbe un peccato guastare il momento domandando cosa vuol dire proprio quella parola lì che sanno tutti. Allora taci e acconsenti. Un'ora dopo ti trovi sulla scrivania uno dei venti oggetti più improbabili mai distribuiti nella storia degli uffici, sia esso un porta tagliacarte  - esiste, nonostante non conosca nessuno che abbia più di un taglia carte sul tavolo, tra i pochi che ancora lo usano, - o un ricambio di inchiostro per i timbri - a meno di non lavorare all'ufficio brevetti o in una segreteria si sa che una persona m