I numerologi di sicuro insisterebbero sugli influssi del numero sette, io mi limito a dedurne le proprietà chimiche. I gatti dopo appena sette vite tirano il calzino, la mamma dei nani deve aver fatto lo stesso dopo aver dato la luce a Cucciolo, altrimenti ne avrebbe prodotti ad oltranza, i peccati capitali sono sette e sette le camice che si sudano, non una di più, nè una di meno. Se non sbaglio, nelle relazioni si parla di crisi del settimo anno, o del settimo mese, non sono sicura.
Premesso questo, so' che dopo sette mesi di lontananza da Budapest la nostalgia si fa costante. Ci sto passando adesso, ma non è la prima volta.
I sintomi sono abbastanza evidenti: lucciconi davanti a ogni parola ungherese che mi capita di vedere, che sia il titolo del libro degli spartiti per il piano di un amico o uno scontrino rinvenuto sul fondo di una borsa che non usavo da tanto, sogni monotematici con sfondo danubiano, tendenza a rispondere al telefono in ungherese e pianti scroscianti davanti alle foto che masochisticamente vado a ripescare.
La malattia vera e propria degenera in una tendenza a rompere le scatole a ogni singolo gruppo di magiari incontri sui mezzi pubblici o in strada (e vi garantisco che se ce n'è uno in giro li incontro io), con tanto di breve biografia personale condensata in tre fermate di metrò, scambio di contatti, corrispondenza via mail e sfogo nostalgico strappalacrime (le mie).
E non ci sono cure. Il settimo mese è il settimo mese!
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