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Ti amo da zappare

E vabbé insomma ti amo, ora scusa ma ho da andare alla posta, mi chiude tra mezz’ora.
Ti amo, non ho bisogno di una trama per raccontartelo. Bella questa, ce ne fossero di panzane così nei cioccolatini! Ti amo virgola, la virgola ci sta bene, basta ci sia un verbo prima e amare è un verbo, a meno che non si parli delle ciliegie.  
Tutti lì che amano, amano, amano e nessuno sa che vuol dire (amore, a-ciliegie, amore, amaroni, ti amo anche ad Afragola). “Ciao che fai?” “Amo. Sto amando, non vedi?” “Sì, diciamo di sì, mi fai il pieno, intanto che ami, per favore?” Un poco strano, ma alla fine non è che se ti chiedo “che fai” e mi rispondi “menziono” è tanto più normale, quindi dai accettiamolo, amare, un verbo, un’azione, un percorso. Anzi, facciamo di più, mettiamolo nero su bianco, tutti, dalla nascita. “Buongiorno, lei come si chiama? Nghé anche lei, come quello di prima? Va bene, si vede che va di moda. Intende donare gli organi quando sarà l’ora? E l’amore lei come lo intende?” Che stia per iscritto, chiaro, definito. Quello che è amore per me non lo è per te, così stiamo tutti male, eterni insoddisfatti. Invece lo scriviamo su una tessera e ce la portiamo dietro, tutti i giorni, così se qualcuno ce la chiede gliela facciamo vedere (che libertinismo, che sfoggio di emancipazione!). Devo saperlo se per te amare vuol dire prendermi a schiaffi, almeno facciamo una bella relazione a distanza e se proprio capita di doversi incontrare andiamo a giocare a hockey o in moto o ovunque si indossi un casco. 

Io comunque ti amo, combatterei le stelle una ad una per dimostrarti quanto ti amo e anche per dartene di ognuna una punta. Da attaccare ai capelli come efficace sostituto di quelle doppie. Non che tu le abbia, amore, perfetta come sei, ma è un’ossessione che ci portiamo dentro tutti, come la forfora e i brufoli: così vollero il signor Periclear, il dottor Penten (regolati come vuoi per l’accento) e il fu Mattia Topaxan. Se si ama si combatte, l’amore è ostentazione di forze che non si hanno e lamentela di dolori inventati. Ogni giorno per te sarò vittima debole e sola, ma anche il più feroce degli eroi invincibili dell’universo, categoria protetta ai sensi dell’art XIV comma 8 1997. Ti amo davvero tanto, te lo posso dimostrare in mille modi, mille, sono tantissimi, contentati dai! Posso anche salire in cima a una montagna, tanto so che non ti piacciono e non me lo chiederesti mai, sicché diciamolo anche se non ne ho voglia, di arrampicarmi, arrivare in vetta e scrivere “Ti amo Rebecca” su un sasso che non vedrai mai ma che sarà ritratto in una foto attaccata sul tuo muro preferito, ci sono programmi, non immagini, che fanno miracoli con la foto di un pezzetto di ghiaia, Roberto sa fare di tutto con quell’aggeggio. Da quanto ti amo passerei la domenica in coda sulla Fipilì (FI-PI-LI), insomma lì, solo per andarti a riprendere gli occhiali da sole che hai dimenticato nella casa al mare e domani ti servono per andare a lavoro, sennò i raggi ti squarciano gli occhi e quelli da uomo che ti presterei ti fanno sentire fuori luogo tutto il giorno e fuori luogo come fai a lavorare bene? Dissotterrerei le patate a mani nude, se tu dopo me le cucinassi proprio come faceva mia nonna, e se fosse questo quello che vuoi, amore. Solo perché ti amo, amore. Combatterei contro i draghi, ne trovassi. Alla Superal non li avevano, nemmeno dal pescivendolo, ma se li trovassi me li metterei davanti e ci combatterei solo per te, anche se fossero stanchi, o morti, o surgelati e impacchettati. Ti farei anche la denuncia dei redditi, guarda, da quanto ti amo. Sfidare, combattere, correre, distruggere, tutto questo mi fa sentire forte, quindi lo farei, per amarti. Come non te ne frega niente? Ah, sono gentile. Grazie, mi rincuori. Ah, non vuoi niente. Bene e allora?

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