Era già gennaio e me ne stavo al riparo dal freddo e dalla pioggia nell'aula studio dell'università, benché sia già laureata e per il momento non abbia in mente di rimettermi a studiare. Davanti a me la schermata mi fissava, bianca come un foglio ancora immacolato. In testa tante parole, ma nessuna idea, nemmeno un progetto degno di fare da veicolo alla mia voglia di scrivere. Passa un ragazzo carico di volantini e ne appoggia uno sul mio tavolo. Lo prendo e lo giro. Fantastico. Scritte solo su una facciata, sono i miei preferiti. Prendo una penna dallo zaino e mi metto a scrivere. La schermata del computer può anche restare bianca, ma sulla carta trovo sempre qualcosa da scriverci.
A volte mentre leggo i capolavori dei grandi del secolo scorso, mi chiedo come se la passi la loro progenie. Certi talenti potrebbero anche essere genetici e forse un giorno ci troveremo tra le mani un bel romanzo di avventura firmato dal pronipote di Bulgakov o vedremo in classifica i nomi Kipling e Orwell . Di nuovo. Del resto, se fossi la discendente di Juri Gagarin, m’interesserei di astronomia e se invece tra miei avi ci fosse stato, mettiamo, Temistocle , non avrei accantonato la matematica alle prime difficoltà liceali. La storia familiare può anche non influenzarci, ma tende a farlo quando i nomi che ci hanno preceduto sono altisonanti. Per questo mi è sembrata un’idea carina quella di fare una piccola ricerca sugli eredi degli scrittori più amati del secolo breve (che, lo ricordo per chi non lo sapesse, fu chiamato così guardando alle svolte epocali della storia, ritenendo che l’Ottocento fosse il secolo lungo in quanto è iniziato nel 1789 con la Rivoluzione Franc
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