Giorno 14: mettiamolo bene in chiaro, non me la sono presa. So che è stato uno o una di voi, cari "amici o quantomeno apprezzabili conoscenti o persone a cui non potevo negare l'amicizia" su Facebook, ma non serbo rancore. D'altronde, lo sappiamo, andrà tutto bene. Eppure non ho dubbi, che sia stato qualcuno di quelli che leggono questo mio diario e che hanno pensato che non andava bene, che questa qua (io) se ne stesse all'aperto a saltellare sul tetto e a prendersi beffe di voi, saldati al divano, con le sue corsette tra le paraboliche. Dunque, questo qualcuno sappia che le maledizioni hanno avuto effetto, giacchè oggi, qualunque giorno della settimana sia, 23 marzo, sono rimasta chiusa sul tetto. Si dirà chiusa dentro o chiusa fuori? In ogni caso, al vento, a un vento tale che ha sbattuto la porta, ma avevo le chiavi! Indovinate un po'? Con le chiavi ci fai uno strumento musicale tipo dei sonagli, al massimo, se sei all'esterno: aprono solo dall'interno. Vabbè, ma tanto avrò avuto il mio inseparabile cellulare, per ascoltare i podcast sui malati di mente sgozzadonne negli Stati Uniti che mi piacciono tanto, no? No. Era scarico, lo avevo lasciato giù. Oltretutto non sapevo nemmeno se la porta si sarebbe aperta dall'interno, senza chiavi (l'unica copia ce l'avevo io). I miei abitano diversi piani più in basso, quindi ho sperato mi vedesse uno dei droni del Sindaco, ma niente. Per fortuna mio padre è venuto a vedere se avevo freddo (d'altronde è il primo giorno d'inverno) e grazie a tutti i cieli, ai santi e ogni creatura, sì, la porta si apre anche senza chiavi, se la serratura non è girata. Com'era bello, mio padre! L'ho accolto come se sul tetto, al vento, ci fossi stata 8 anni. Smetterò per questo di andare sul tetto? No, non mi avrete. In casa ci sto, ma a modo mio. Lontani, ma distanti. Dentro, ma fuori.
Giorno 14: mettiamolo bene in chiaro, non me la sono presa. So che è stato uno o una di voi, cari "amici o quantomeno apprezzabili conoscenti o persone a cui non potevo negare l'amicizia" su Facebook, ma non serbo rancore. D'altronde, lo sappiamo, andrà tutto bene. Eppure non ho dubbi, che sia stato qualcuno di quelli che leggono questo mio diario e che hanno pensato che non andava bene, che questa qua (io) se ne stesse all'aperto a saltellare sul tetto e a prendersi beffe di voi, saldati al divano, con le sue corsette tra le paraboliche. Dunque, questo qualcuno sappia che le maledizioni hanno avuto effetto, giacchè oggi, qualunque giorno della settimana sia, 23 marzo, sono rimasta chiusa sul tetto. Si dirà chiusa dentro o chiusa fuori? In ogni caso, al vento, a un vento tale che ha sbattuto la porta, ma avevo le chiavi! Indovinate un po'? Con le chiavi ci fai uno strumento musicale tipo dei sonagli, al massimo, se sei all'esterno: aprono solo dall'interno. Vabbè, ma tanto avrò avuto il mio inseparabile cellulare, per ascoltare i podcast sui malati di mente sgozzadonne negli Stati Uniti che mi piacciono tanto, no? No. Era scarico, lo avevo lasciato giù. Oltretutto non sapevo nemmeno se la porta si sarebbe aperta dall'interno, senza chiavi (l'unica copia ce l'avevo io). I miei abitano diversi piani più in basso, quindi ho sperato mi vedesse uno dei droni del Sindaco, ma niente. Per fortuna mio padre è venuto a vedere se avevo freddo (d'altronde è il primo giorno d'inverno) e grazie a tutti i cieli, ai santi e ogni creatura, sì, la porta si apre anche senza chiavi, se la serratura non è girata. Com'era bello, mio padre! L'ho accolto come se sul tetto, al vento, ci fossi stata 8 anni. Smetterò per questo di andare sul tetto? No, non mi avrete. In casa ci sto, ma a modo mio. Lontani, ma distanti. Dentro, ma fuori.
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